martedì 21 febbraio 2017

STAGIONE DI CACCIA


AAA cercasi ispirazione. Dopo aver stipulato un accordo con la Volontà per incominciare a scrivere dei racconti, sono alla disperata ma soprattutto divertita ricerca di ispirazione. Così come sono ispirati i miei blog (nel senso che nascono da un idea o un esperienza  e poi vomitati fuori a getto tipo esorcista) ho bisogno che anche un racconto sia ispirato. 
Che si accenda quella luce, quel lampo improvviso che  indichi la direzione da prendere. Il cammino poi si aggiusta passo dopo passo.

Sono emozionato, incuriosito, elettrizzato. Un po’ frustrato perché ho incominciato 3 o 4 racconti ma nessuno mi apparteneva, nessuno era ispirato. Il cosmo ancora non mi ha sussurrato all’orecchio la mia storia. Ma “chissene” no? No ho fretta e questa  apertura, questo avere i sensi all’erta, pronto allo scatto come un giaguaro mi piace. Mi piace molto.
Ora sono libero da pretese e aspettative: non mi interessa scrivere un romanzo (mi piacerebbe un sacco ma al momento non ne sono in grado), o scegliere un genere preciso. Non so ancora che tipo di scrittorie sia. Voglio cogliere il mio personale punto di vista attraverso una storia che non sia necessariamente personale.
Breve o lungo che sia, che tratti di persone o di animali, di temi profondi o di leggerezze sono disponibile a tutto pur di scrivere con onestà, impeto e intensità.

Da ieri è incominciata la caccia alla storia.

In palestra ad esempio, invece  che perdermi nel jazz mentre sudo e impreco contro il trainer che mi ha fatto la scheda, ascolto i discorsi delle signore sul tappeto mentre camminano in salita e usano slang da giovani per sentirsi in forma anche nel lessico; mi avvicino con non curanza ai finti maschi alpha che guardandosi attraverso gli specchi parlano di figa e pastiglioni. Osservo gli atleti più disciplinati che sono completamente immersi nel corpo e nel respiro. Ascolto i discorsi degli studenti che si ritrovano più per socializzare che per allenarsi. Ma direi che la palestra non è forse il luogo migliore per cercare ispirazione. Chi può dire però quale sia? E’ un po’ come il gioco dei Pokemon sul cellulare. La mia storia potrebbe nascondersi da qualsiasi parte.
Anche quando sono in macchina, di solito concentrato sui vocalizzi o nell’ascolto di qualche brano, cerco di osservare il paesaggio umano e non: spero di incontrare un espressione, un atteggiamento, una situazione che accenda la luce sul mio primo soggetto.

In realtà sono sempre stato un estimatore del PEOPLE WATCHING. Mi interessa un sacco osservare la gente nelle loro dinamiche e credo che questa passione possa essere strumento per poter scrivere il mio primo racconto da adulto. Si, perché di racconti ne ho scritti un sacco da ragazzo. Li custodisco come tesori e ho anche pensato di partire da uno di quelli per poi sviluppare un idea più complessa, ma mi sembra di rubare ad un bambino. Voglio scrivere da adulto, adesso, con questo processo che richiede METODO e PAZIENZA, qualità che entrambe entrano all’ultimo secondo sul treno del mio essere. Immagino tutte le parole e aggettivi che mi caratterizzano in una metropolitana  affollata e che Metodo e Pazienza corrono trafelati giù dalle scale e si tuffano tra le porte che si stanno chiudendo schiacciati tra il vetro e Indolenza , un’obesa parolona che non li permette di muoversi per trovare un posto più comodo.

Insomma, evviva la ricerca, la sperimentazione l’attesa attiva. So che per trovare qualcosa non bisogna focalizzarsi sulla ricerca ma sull’apertura all’incontro.

Al momento sono aperto come una finestra su una bella alba infuocata.


Nasconditi pure dove vuoi storia, perché ti troverò comunque!

domenica 19 febbraio 2017

LE ASTRAZIONI PERICOLOSE

Quanto tempo dall'ultimo blog... In realtà non mi interessa tanto la continuità anche perchè mi sono reso conto che ogni blog che scrivo è una tessera di puzzle che incastro nella complessa immagine della mia conoscenza. E, una volta inserito, ho bisogno di tempo per contemplare ciò che emerge, ciò che si incomincia a intravedere e sentire che è parte di me.

Mi rendo conto che tutto quello che faccio è propedeutico ad una maggiore conoscenza di me stesso. Sono sempre più affascinato dall'universo interiore dell'uomo, di me in particolare ma anche degli altri. Direi che è più semplice conoscersi attraverso gli altri. Come tante volte ho già scritto ci sentiamo tanto individui ma in realtà sviluppiamo a grandi linee gli stessi meccanismi di difesa e cerchiamo tutti una sempre più inconsistente felicità in quanto astrazione di qualcosa che non si conosce.

Ho letto ieri una frase di Carl Jung  (per caso mentre facevo una ricerca sul mandala) che ha sistemato verbalmente qualcosa che già sentivo dentro me. A grandi linee diceva che più un uomo è civilizzato nel senso di strutturato (sia nella società che nell'individualità) più si allontana dall'istinto, dal vero e dal semplice. Se da un lato la civilizzazione ha portato materialmente del benessere, dal punto di vista dello spirito, a mio avviso e da quanto ho voluto cogliere da ciò che ho letto, abbiamo perso il focus, spostandoci dall'essenza vera ad una serie di astrazioni che non portano a nulla se non all'indecisione, all'uniformità con regole e leggi create ad hoc per controllare e dirigere. Da qui la grande crisi spirituale dei nostri tempi, il vuoto che tanti di noi sentono e non sanno spiegare. La ricerca di soluzioni all'esterno perchè l'interno è troppo stratificato per raggiungere il centro. Prima (non so definire con esattezza storica un prima) forse si moriva per una polmonite ma tutto era più permeato di umanità, il contatto era più diretto, la connessione più semplice. Ora ci preoccupiamo solo della connessione internet.

Sono in un momento di forte presenza. E' altresì presente un'esigenza ad allontanarmi da me stesso, una forza che vuole che io sia cieco e sordo al richiamo del mio mondo interiore ma so che è solo una richiesta del tempo in cui vivo, una voce esterna. Oggi sono affascinato dall'interno. L'interiorità che permette di riscoprire quella connessione con gli altri e con l'universo. E senza astrarre troppo, cerco di sgomitare tra le coperture e le strutture esterne delle quali scopro essere ricoperto, scoprendo in una parola un tesoro: semplicità.
Semplice è sentire se siamo in ascolto, semplice è vedere se abbiamo gli occhi aperti ed uno sguardo curioso. Semplice è incontrare se siamo pronti a ricevere e chiedere. Non vorrei si confondesse il mio concetto di semplicità con aggettivi qualificativi come bello e brutto. Può essere, anzi molto spesso è così che ciò che senta, incontri o veda non mi piaccia ma ora, l'interesse è volto al vero.
Ieri ho imparato che per poter sapere dove voler andare bisogna esattamente sapere dove si è e non dove si vorrebbe essere. Direi che è un concetto semplicissimo eppure non l'avevo mai intuito. Certo la ragione era al corrente che se c'è un arrivo ci deve necessariamente essere una partenza ma il mio cuore (inteso come centro dei sentimenti e motore spirituale) no. Realtà invece che astrazione. Lo scarto necessario è accettare dove siamo anche se non ci piace e da li progettare i nostri movimenti. Come faccio a raggiungere un qualsiasi obiettivo se non so dove sono ora, adesso?

Adesso mi sento in una posizione privilegiata, perchè ho i sensi all'erta. Non so dove voglio andare, non ancora, ma da buon esploratore sto perlustrando con accuratezza dove sono. Non ho fretta, ma sono deciso, mentre spolvero una pietra che nasconde una vecchia anfora.
Conoscendo il mio presente posso provare a rielaborare il passato e investire nel futuro. Fino ad ora mi rendo conto che io ero sempre da qualche altra parte.
Ho capito ad esempio dal qui e dall'ora che il mio non sentirmi mai in diritto di nulla, la mia bassissima autostima, la mia predipsosizione al fallimento proviene da un eredità genetica, dal passato. E sapendo che è un lascito, un passaggio di testimone, posso anche scegliere di lasciarlo in un angolo e non portarlo con me nel futuro. C'è e ci sarà sempre quella voce che mi dice "non vali nulla" e probabilmente incontrerò persone che specchiano questa mia modalità, ma sapere che è una valigia che prima era di qualcun altro mi permette di non aprirla e di non portarla con me.

Mi piace scrivere, mi alimenta, mi fa sentire completo. Come cantare. Il blog fino ad'ora è stato il mio terapeuta, il mio scrigno del tesoro dove depositare le mie intuizioni, le mie verità, ma mi rendo conto che, per quanto riguarda l'esercizio della scrittura è anche il mio rischio assicurato. Continuerò a coltivare quest'orto perchè la verdura che raccolgo la trovo molto saporita e nutriente, ma sento che è arrivato il momento di sentirmi in diritto di scrivere per creare e non solo per riflettere.  Può anche darsi che io non sia uno scrittore, ma ciò non toglie che mi possa divertire a farlo comunque. Non mi sento in diritto di farlo, ma ho capito che questo è un mio limite. Di fatto non mi sento in diritto di niente: di cantare, di scrivere, di avere un bell aspetto, di essere comprensivo, amorevole etc. E per quanto i miei geni gridino all'unisono NON SEI CAPACE  io SO, ADESSO, che ho il diritto di farlo comunque e che molto probabilmente si sono capace di fare un sacco di cose e di farle bene. Ecco , l'ho scritto, e mentre lo facevo prendevo un profondo respiro. E' una mia verità. Il corpo non mente, la mente si.

La creazione di qualcosa di nuovo è assai complesso, è una sfida. Come lo scalatore che inizia l'allenamento in una palestra per poi affrontare la prima vera parete di roccia, ora mi sento pronto (e intimorito) per poter iniziare a raccontare qualcosa che sia al di fuori di me (almeno in parte).  Posso scrivere e lo farò. E se scriverò banali racconti saranno comunque i miei racconti e l'arte prenderà un giorno il posto dell'esercizio. Per il momento scrivo perchè scrivere è parte di ciò che sono. E ne ho il diritto.
Buona lettura a tutti.