martedì 28 marzo 2017

ALLA SCOPERTA DELLA MAGIA. MANDALA MEDITATIVO.



Come sempre all’inizio di un nuovo laboratorio sono un po’ teso, un po’ insicuro, un po’ dubbioso.
Quanta gente arriverà? Riusciremo a trasmettere la nostra idea? Piacerà? Torneranno?
Le attese per me, sono sempre violente, soprattutto quando cariche di aspettative. So che, quello che Daniela ed io immaginiamo, progettiamo e pianifichiamo è bello, significante e che non può fare altro che bene, eppure c’è sempre la possibilità dell’errata comunicazione. Il messaggio, nel suo viaggio attraverso la comunicazione, può subire cambiamenti.
 In realtà poi, mi fido del cosmo e sempre, quando entro nella Corte Dalì, incomincio di nuovo ad ascoltarlo. Verranno le persone che devono venire, come dice serafica  e pacifica Daniela.

Non posso non sentire la sacralità di un tempio all’interno della corte. Un tempio intessuto non di dogmi e rigore, di venerazione verso divinità vendicative. La corte è un tempio che si regge su colonne di condivisione e di uguaglianza. Varcata la soglia ci spogliamo dei nostri ruoli, si sciolgono le maschere e siamo solo esseri umani pronti a viaggiare insieme alla riscoperta di una spiritualità tanto intima quanto comune a tutti. Qualsiasi sia l’attività svolta si entra in uno stato di comunione  che nutre lo spirito e placa la mente.

Ma ritorniamo al laboratorio.
Prepariamo i tavoli, le sedie, predisponiamo i materiali, un po’ di fiori e piante che fanno colore e richiamano la circolarità dell’universo del quale il mandala è il rappresentante; che non manchi l’aroma del palo santo. Compassi e matite, pennarelli e pastelli.
Arrivate tutte le partecipanti, ahimè sempre l’unico maschio (uomini venite, non abbiate paura dell’incontro!), Daniela da una bella introduzione su cosa sia il mandala e su cosa vorremmo noi focalizzare l’attenzione. Io rimango con queste poche righe.
Mandala in sanscrito significa sia cerchio che centro. La forma sferica, circolare ,appartiene alla natura, all’universo, all’uomo. Il mandala è un’attività contemplativa e meditativa che porta dal micro al macro, dalla cellula alla galassia. Il nostro intento è quello di avvicinarci alla meditazione (pratica tanto umana quanto difficile da recuperare) attraverso il fare.
Ho conosciuto lo strumento del mandala molti anni fa, con Daniela. Ho un quaderno pieno di coloratissimi mandala fatti nell’arco di un anno molto intenso.

Abbiamo iniziato il laboratorio con 5 minuti di meditazione, anzi di contemplazione di un oggetto. L’idea era quella di avvicinarci alla sensazione meditativa e di assaporarne la difficoltà. La nostra mente è abituata a lavorare senza sosta, impilando e incastrando pensieri, programmando il futuro, ricordando il passato.
Stare nel presente, immersi completamente nel momento, sembra un movimento contro la nostra natura frenetica e dispersiva. Ma in realtà è uno dei segreti per la felicità.

Uno dei fantastici poteri del mandala è proprio questo: rimanere nel presente e fuori di sé, lavorando su di sé. Potrebbe sembrare un pensiero contorto ma il concetto è molto semplice. Possiamo lavorare su noi stessi solo quando noi non siamo soggetto ed oggetto allo stesso tempo. La facilità con la quale diamo un consiglio ad un amico sottende che solo vista dall’esterno, una situazione può essere compresa e se problematica, risolta.
Il mandala muove qualcosa dentro, mentre tracciamo le curve con il compasso, mentre disegnamo un fiore o mentre scegliamo l’accostamento dei colori e la forma che vogliamo fare emergere.
Fare un mandala, prima di tutto è terapeutico e curativo. Lo si può disegnare o cotruire, possiamo farne parte o possiamo cantarlo. Ci sono molte forme per realizzarlo. Attraverso il processo creativo (in generale qualsiasi, in particolare con il mandala)  la nostalgia del passato e l’ansia per il futuro allentano la presa sul nostro sentire fino a scomparire, come nuvole che si allontano lasciando solo un cielo azzurro e sereno.

I primi mandala sono quelli un po’ più difficili forse perché, quando si disegna, noi abbiamo la cattiva abitudine di dover fare qualcosa di bello e non qualcosa di vero (per noi stessi ovviamente). In generale nell’arte, quando si vuole fare qualcosa che piaccia, che rispetti dei canoni, non si crea ma si copia o si imita. Solo liberandoci dei limiti estetici possiamo creare. La creazione vera e sincera coincide quasi sempre (anzi sempre direi) con la bellezza.
Anche io, Martedi, pur avendo fatto centinaia di mandala, ho iniziato con l’ansia da bel lavoro. “Sono quello che ne ha fatti di più qui dentro, forse dovrei far vedere qualche tecnica particolare, forme geometriche e disegno libero, come uscire fuori dal cerchio” e altre paranoie; ma poi il mandala mi ha portato dentro di me. La mia voce interiore si è zittita e ho incominciato a disegnare, seguendo un flusso armonico, senza pensiero. Come una corrente dall’interno verso l’esterno ho creato curve e triangoli, ho disegnato fiori e ho fatto ordine.

Antropologicamente, i simboli sono molto potenti, direi uno strumento divino. Dall’albore dei tempi, il cerchio, la spirale, la curva e poi le figure geometriche erano la rappresentazione di fenomeni naturali e misteriosi. E per quanto non ce ne accorgiamo più, anche oggi, questi “segni” agiscono in noi. Abbiamo bisogno di riappropriarci della magia che ci circonda e che abbiamo dentro di noi.  

Il mandala cura. Il mandala è magico.

Provare per credere. Disegnare un mandala quando si è arrabbiati, confusi, tristi, disperati, porta ad un cambiamento. Non sarà la polverina magica di Pollon, ma è un solido strumento di auto-centratura e quando si è centrati è più difficile essere spostati dai venti impetuosi delle nostre giornate.


Namastè.

Nessun commento:

Posta un commento