lunedì 28 agosto 2017

IL MANTRA DEL DISTACCO.

Sono tornato dalle ferie già da una settimana, ma oggi mi sento veramente in lutto.
Oggi che hanno ripreso a lavorare i colleghi meno sfigati di me che si sono sparati 3 settimante, freschi e abbronzati;  pieni di energia e pronti a ricominciare. Io sono pronto per finire, per spezzare le catene come Dayneris Targarien e liberarmi dal giogo degli schiavisti di Meren.
Come si fa a tornare dalle vacanze con quel sorrisone stampato? Come si può ritornare in gabbia dopo aver volato libero? O non si riconosce la gabbia, o non si vola. Le cose sono due. Comunque io mi ritrovo qui, nella rassegnazione che ormai è mio scudo contro questa assurda perdita di tempo ed energie.

In lutto.

Dispiaciuto per aver perso quei magici momenti nei quali sono io a decidere a cosa dedicarmi. Sgrano un rosario di rimorsi ed uno di rimpianti mentre veglio sulla bara che contiene i resti di alternative possibili.
Sono vedovo della mia libertà, massacrata e uccisa dal sistema economico e dalla mia incapacità di creare e perseguire.

Ma anche io sono colpevole di rapimento e omicidio: ho sequestrato la mia capacità di sognare e dopo averla tenuta per mesi senza cibo e senza luce, l’ho lasciata morire miseramente.

Sono in lutto anche per quel senso del dovere e di ineluttabilità che mi faceva affrontare questa schiavitù con un sorriso. Tutti devono lavorare, bisogna guadagnare denaro, non puoi farci niente. Il mondo va avanti pistolero. 
O lo segui o rimani indietro.

Pur sapendo che si può sempre tentare (se fossi più deciso, se avessi un progetto concreto, se avessi abbastanza coraggio) continuo a camminare sullo stesso percorso incidendo un solco sempre più profondo che fra poco diventerà un tunnel, un loop temporale da ripercorrere senza via di scampo. Una ruota per criceti dove costruttore e roditore sono la stessa entità.

Sia chiaro che non sono disperato proprio perché so che una speranza c’è. La possibilità di cambiare esiste anche se non so assolutamente dove cercare. E anche se trovassi il posto giusto, la X sulla mappa, mi immagino come una scimmia che trova uno smart-phone nella giungla. Bello, ma come cazzo si usa? A cosa serve?

In questi giorni continuo a ripetere nella mia testa una frase di una canzone di Nina Zilli: la vita è una breve vacanza dall’eternità. E subito abbino questa grande verità (per me il mantra del distacco) ad un immagine di me gigante che cammina per città piccole piccole con la testa che supera le nuvole. E così riesco a ridimensionare situazioni e condizioni che altrimenti mi sembrerebbero quanto meno soffocanti e probabilmente troppo grandi da gestire.

Se siamo in una vacanza allora va tutto bene in fondo in fondo. E’ sulla superficie che si creano i problemi,perché per quanto possa convincermi di vivere nella Maya, nella grande illusione, mi perdo nelle piccole vicende che di significato non ne hanno. O forse si e io non so coglierlo.

E riprendo il “dopo ferie” un po’ disilluso, stanco e dispiaciuto ma mi sento anche un pò gigante, così,anche se schiaccio una merda con i piedi, non sento l’odore.
Che poi diciamocelo chiaramente. Ma come si fa a sembrare così soddisfatti e rinvigoriti dopo due settimane (se va benissimo tre) di contentino? Solo a me sembra un’immensa presa per il culo avere 2 settimane di ferie ogni 6 mesi di lavoro (a chi va bene oltretutto)?

Gente che l’ultimo giorno prima “della partenza” saluta i colleghi con abbracci e baci come se dovesse partire per sempre. E quando torna porta presenti e racconta esperienze vicine all’estasi della beata vergine quando la visitò l’arcangelo Gabriele. Ma un po’ di senso del reale no? Vi fate proprio vendere il sale benedetto da Vanna Marchi! E per favore! In realtà la mia è una critica invidiosa. 

Anche a me piacerebbe un sacco vivere l’emozione della vacanza pre-confezionata dove la sorpresa più grande che ti può capitare è fare un rutto improvviso per aver bevuto acqua frizzante troppo in fretta. Anche io vorrei aspettare le ferie come un bambino aspetta il Natale e dimostrare che più sono abbronzato più la mia vita ha senso.

Invece penso che il soggiorno nel villaggio turistico dove si torna ogni anno non sia un “VIAGGIO. Credo sia più uno spostamento di culo: dal divano alla sdraio. E non riesco a pensare che le due settimane siano solo briciole che ritrornano dopo aver passato un anno a sfornare km di baguettes.

Sono in lutto perché a volte mi sento l’ultimo uomo sulla faccia della terra che vede il mondo per ciò che è e non per quello che è meglio che sembri per non impazzire o far spruzzare il sangue delle mie vene tipo fontana di capodanno.

In realtà so che non sono da solo in questo mondo ricco di possibilità ma ricoperto da un sottile strato di cacate di uccello, ma oggi è il Lunedi del rientro e mi sento Calimero nel mondo dei cigni bianchi e un fottuto sopravvissuto ad un lavaggio del cervello di massa.

E così recito il mantra del distacco e ritorno con la testa tra le nuvole perchè va sempre bene, va tutto bene soprattutto quando non riesci a far nulla per cambiare qualcosa.

Dracaris.

Nessun commento:

Posta un commento