Ciò che cerco nella vita è serenità. Svegliarmi con un
sorriso, affrontare le giornate con voglia di fare, passione ed emozione. Sentirmi
soddisfatto per quello che sono e quello che ho. Tendere sempre ad un
miglioramento personale, inseguire i miei sogni e viverli per quel che mi è
possibile. Questa è la mia missione (ammesso che poi ce ne sia soltanto una).
Improvviso e urgente è arrivato il richiamo all'azione nel mondo:
qualcosa con delle mani enormi mi ha
preso per le spalle, mi ha dato uno paio di strattoni e mi ha spinto nel mondo dopo un lungo periodo di
isolamento. Con l’azione è arrivata la domanda sulla realizzazione personale.
Questa domanda, per la quale non ho ancora una risposta ben definita, mi ha
fatto incontrare, progettare, sognare. Ho sfiorato con il cuore e con la mente
delle possibilità che fino a poco prima consideravo chimere.
In questi giorni ho incontrato la dualità tra il mio
desiderio di cambiamento e l’enorme prezzo da pagare per attuarlo. Sono
convinto che nella vita si possa veramente fare ciò che si vuole (si sente )
quando si vuole. Non ci sono limiti di età, di possibilità o di circostanze
sfavorevoli. In questi pochi mesi io ho preso a piene mani un sogno e l’ho
stretto forte al petto sentendolo mio, senza badare a ciò che avevo lasciato
cadere per terra per abbracciarlo.
Ho perso per un po’ il senso dell’orientamento, dimenticando
dove sono adesso, chi sono e soprattutto con chi sono. Ho sognato di essere
qualcun altro, un Ivano di un mondo parallelo forse. Io e quell’ Ivano ci siamo
toccati e so che potremmo anche scambiarci di posto, ma così perderei
necessariamente il mio mondo e non voglio.
Io ho trovato casa qui, con la persona che amo e, almeno per
il momento, non voglio rimanere senza.
Questo non vuol dire però rimanere immobili, cristallizzati
in una situazione per paura che un minimo cambiamento posa destabilizzarla. Ci
sono dei compromessi accettabili, delle scelte condivisibili, e altre che danno
un out-out: o con me o senza di me. Io vado da questa parte, se ti va bene
vivere all’ombra della mia completa soddisfazione bene se no ciao. Io l’ho
fatto con il mio compagno. Ho imposto un mio desidero, gli ho imposto di
rinunciare a qualcosa per me, di togliere a lui per dare a me e mi accorgo oggi
che tutto ciò non mi piace. Sono libero di fare ciò che voglio nel limite e del
rispetto delle libertà altrui. O se sento che questa mi necessità è prioritaria
a tutto il resto bhè allora forse vuol dire che il resto non era poi così
importante. E non è questo il mio caso. Me ne accorgo sempre dopo, prima agisco
con l’impeto di un guerriero spartano che affronta la morte con un sorriso, e
poi ragiono, mi rendo conto. Parto come un razzo spaziale verso l’infinito ed
oltre lasciando a terra un attonito compagno. Sono libero di farlo. Ma non
voglio più viaggiare da solo. Forse saranno le circostanze della vita, le
piccole scelte individuali, gli incontri a portarci su due percorsi lontani e
inavvicinabili, ma non voglio esserne io
il motore cosciente.
E in questo agire da
mega bulldozer riconosco il mio più pieno Ivocentrismo (ringrazio una cara amica perché
ha coniato un termine che da buon egocentrico apprezzo molto). Agli occhi di
chi mi circonda io da un giorno all’ altro cambio completamente rotta: la sera
prima si veleggiava insieme verso oriente. La mattina dopo macchine a tutta
forza verso occidente. E non rompere il cazzo.
Mi sono svegliato di soprassalto ieri, come Bobby di Dallas
quando aveva sognato di essere morto per un sacco di puntate. All’improvviso ho
visto il mio compagno in lontananza sulla spiaggia che mi guardava basito senza
capire perché me ne stavo andando così in fretta. “Ma non dovevamo fare quella
cosa? Non avevamo programmato di organizzarci in tal modo?” Non ho condiviso un
progetto, l’ho messo davanti ad una scelta univoca e unilaterale. Bravo Ivano bravo Ivano esisti solo tu nel
mondo.
Ed il suo essere magico è che non ha bisogno di usare delle
parole. Lui si che mi lascia completamente libero di essere di fare, facendomi
capire che non gli interessa condividere però. Ed ogni volta, piano piano lento
lento imparo da quest’anima più evoluta di me che, immersa nella luce mi guida
senza imporre mai nulla. Grazie.
Apprendere dai propri capitomboli ma soprattutto dagli altri,
mi appaga profondamente. Certo, spero con il tempo di misurare i passi prima di
saltare ad occhi chiusi nel vuoto, ma per lo meno grazie al confronto, alla
riflessione ed ad una continua indagine
animico-sentimentale , riesco ad arrivare a delle soluzioni.
Questi nuovi progetti mi danno una grande soddisfazione
perché sono immerso nel fare che tanto mi mancava, ma allo stesso tempo mi
accompagna un inquietudine, un sensazione di qualcosa fuori posto che sfociano in
nervosismo e instabilità emotiva. In realtà credo fosse la mia coscienza che mi
diceva “ stai facendo i conti senza l’oste” e “Non sei un isola Ivano, non
più”. Ed è questo il nocciolo della questione.
Ricordo alle superiori, un compagno di un altro corso, mi
chiese di disegnare su un foglio una rappresentazione geografica di me da
sottoporre alla sua professoressa di psicologia. Era un giochino di
rappresentazione inconscia da inizio
anno.
Io disegnai una grande isola con intorno tanto piccoli
atolli: in uno c’erano gli amici, in un altro la famiglia etc. Quando l’insegnante mi vide rimase un po’
basita perché pensava che la rappresentazione l’avesse fatta una ragazza. La
mia presenza molto mascolina con gli isolotti cozzavano in qualche modo. Forse
se gli avessi detto che ero gay, avrebbe
chiuso il cerchio. Magari l’avrà intuito. Comunque, quell'immagine dell’isola Ivano con intorno gli atolli è rimasta per molto tempo impressa in
me. E nel mio percorso di crescita
personale ho scoperto di non voler più essere un isola, ma un continente fatto da tanti stati uno vicino all'altro, che
si toccano. Ognuno con le sue regole, le sue leggi, il suo microclima e
caratteristiche specifiche, ma vicini. O al massimo una penisola con dei
confini liberi che danno sul mare. Un isola no. Non più.
E mi ritrovo, nonostante questo sentire forte e chiaro, a
compiere scelte da isola, che non tengono conto delle ripercussioni sugli stati o territori vicini perché penso di avere intorno solo oceano.
In realtà fare parte di qualcosa è da un lato limitante ma
dall’altro da un punto di riferimento, un’origine, delle radici che io non ho
avuto per tanto tanto tempo. E ora le scelgo completamente. Sempre facendo un
paragone con un disegno, ricordo quando iniziai ad indagare me stesso con la
cugi facendo un’attività bellissima che
è il disegno onirico. Si fanno dei disegni volti a rendere una fotografia più o meno
inconscia di se stessi. Mi chiese di disegnare un albero ed io, tra tutti i
tipi di albero che esistono, disegnai uno in riva al fiume con tutte le radici
fuori dalla terra, tipo mangrovia. Cioè il 99 % degli alberi, nell'immaginario
comune, ha le radici ben piantate nel terreno ed io ero andato a scovare quel 1% con le radici fuori.
Non voglio più essere una mangrovia e se devo pagare un
prezzo o limitare un mio essere per avere delle radici nel terreno, lo pago
volentierissimo. Non nego che mi affascina la possibilità di tornare ramingo
sia nell'agire che nel sentire ma preferisco il calore del nido. E per Dio ce
l’ho. Come scrivevo prima ciò non implica l’immobilità, anzi mi permette di
muovermi ma con un passo armonico rispetto al luogo di partenza.
E’ già nella mia indole svegliarmi una mattina con idee più
o meno opposte a quanto fatto e detto il giorno prima e Gianni si è abituato a
questo. Ma come posso stravolgere la vita di due persone solo per inseguire un
sogno al quale, un mese fa, neanche pensavo? Se devo mettere sul piatto della
bilancia una vita di stenti, anzi due, per qualcosa che non ho e
una vita dignitosa su più livelli, primo fra tutti quello del rispetto, con
ambizioni un po’ ridotte sicuramente scelgo la seconda opzione.
Mi ha fatto riflettere, oltre che una lunga "chiaccherata" con
la mia amata Pocchi (migliore amica) anche un messaggio di un collega del
gruppo che ieri diceva: "scusate ma non posso venire alle prove perché mio
figlio ha la febbre alta". Io risposi “dai dimmi che non hai voglia di venire perché
c’è a casa tua moglie che può curare tuo figlio echeccazzo!” “ E’ una febbre non
una rara malattia degenerativa”. Lui, con molta eleganza, a differenza mia, continuò” abbiamo solo una macchina e se il bambino peggiora, che padre di
merda sarei io a lasciare da sola mia moglie senza mezzo per portarlo in
ospedale?”. “Prima la famiglia fratello, sempre”. Ovviamente gli ho chiesto
scusa in ginocchio sui ceci perché non avevo afferrato il concetto che ha
creato subito uno specchio con la mia situazione. Io, oltre a decidere che il nostro tempo (mio e di Gianni) valesse meno
del mio tempo da dedicare ai miei interessi, ho anche deciso che gran parte del
nostro denaro serviva solo a me. Senza chiedere, ho imposto che bisognava stringere la cinghia perché io
avevo scelto di fare qualcosa. Non ho pensato minimamente che forse anche lui,
aveva voglia di fare qualcosa per sé, o semplicemente di utilizzare il denaro
che io mi ero già accaparrato per comprarsi un paio di occhiali da sole. Chi
cazzo sono io per decidere che il mio corso vale di più dei suoi occhiali da
sole o del suo viaggio? Un compagno di merda sostanzialmente. Uno che però si
salva in extremis riuscendo ad aggiustare il tiro prima creare danni troppo
grandi.
Io sto facendo un mio percorso che è ben condivisibile. Un
cambiamento se vogliamo, che è graduale e armonico con un mio modo di sentire
compatibile con la mia vita attuale. Quello che invece mi turba e mi fa vivere
male in fondo è un imposizione che in qualche modo limita la libertà della
persona con la quale condivido da 8 anni piaceri e dolori. E ciò non mi sembra
giusto. Decidendo un cambio di rotta così repentino agisco da completo egoista,
come se tutto quello che ho adesso non avesse valore. E’ ovvio che posso farlo,
me ne assumo i rischi e le conseguenze , ma devo mettere anche in conto che ,
qualitativamente tanto guadagno quanto perdo.
Ci sono dei cambiamenti intermedi che mi permettono di
mantenere i piedi nel presente, e nello stesso tempo di fondare basi solide per
un futuro più soddisfacente. Per entrambi.
Non sono un isola, non sono più un lupo solitario. Ho scelto
una famiglia, un branco e nel mio percorso voglio portarmi chi sono adesso con
un atto di amore e di profonda libertà per chi mi sceglie ogni santo giorno.
Grazie.
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