Oggi direi di essermi svegliato male. Le ragioni ci sono
sempre, anche se quasi mai valgono il ribollire del sangue, ma pur sapendolo,
io vado in punto di fusione. Ed una volta che il nocciolo si scalda, ci vuole
un “nonnulla” per un disastro nucleare. Una telefonata antipatica, un problema
da risolvere etc. Tutto nasce da un singolo momento, da un fiocchettino di
neve, che in men che non si dica si trasforma in valanga, travolgendo tutti i
buoni propositi e fottendo il mio buon umore.
ARG,SGRUNT,PORC, SVOOSH.
Anche riconoscendo la piccolissima miccia che fa appiccare
il rogo, non riesco a calmarmi e rasserenarmi. Sono in modalità “mollatemi
tutti, io non esisto, sono Casper”. Non hai visto niente, non hai sentito
niente, vaffanculo a prescindere. Tanto per essere chiari.
Oltre che a un movimento tellurico importante delle mie
placche “prostatriche”, sento anche il mio volto che diventa pietra,
fossilizzandosi in un’espressione arcigna e supponente che credo possa solo
dire: “ non vali un cazzo, scansati e NON parlarmi”. Scrivendo queste parole
che fanno uscire un po’ di aria calda dalla pentola a pressione del mio
cervello, non posso fare altro che sorridere, perché, guardandomi dall’esterno
e conoscendomi ormai abbastanza, risulto una caricatura di me stesso.
E così, è quasi magia Jhonny, la mia faccia di marmo piano
piano riacquista elasticità e colore, sento ritornare il calore della serenità.
Il trucco in questi momenti di “AVARIA, AVARIA, ALLARME
ROSSO SCAPPATE TUTTI”, sta proprio nel
sapersi allontanare da se stessi in alcuni momenti per verificare che un
brufolo non è una montagna, ma solo un brufolo. Il potersi vedere dall’esterno
è un’ottima tecnica per il buon umore, per riprendere fiato, per vedere la
giusta grandezza delle cose, che spesso dall’interno o da vicino sembrano
immense. I MEGA-PROBLEMI, se visti dall’alto, possono essere semplicemente
delle cagate di coniglio, certo comunque merda, ma sicuramente gestibili.
Forse è troppo dire che adesso sono in sintonia con il mondo,
ma con un occhio dentro ( furibondo) e un occhio fuori (divertito e tranquillo)
riesco a trovare quell’ auto-ironia che permette di prendere le cose alla
leggera, che da il super potere della resilienza.
Resilienza è una parola che mi piace un sacco. Vorrei
scriverci una canzone, un saggio, vorrei farne un film! La capacità di farsi
scivolare le cose addosso. Io mi immagino sempre di essere sotto una cascata di
vernice colorata che mi ricopre e poi se ne va via senza macchiare né vestiti o
pelle. Al momento dell’inondazione la sensazione non è piacevole perché la
vernice è densa, ti ricopre completamente e ha un odore poco gradevole ma poi
tutto sparisce, così come è arrivato. Ritengo che sia sempre più difficile
sviluppare questa capacità in quanto c’è l’abitudine a fare i nodi al cuore, di
tenersi tutto, di vivere ogni difficoltà come un affronto personale, un attacco
voluto del destino proprio contro di te. Soprattutto in quegli ambiti sociali
falsissimi come il posto di lavoro (beato sia chi può dire di stare 8 ore al
giorno in un intorno positivo e sincero) bisogna esercitare questo bel dono
ripetendosi più e più volte “ ma a me, in fondo, a me come persona, come essere
umano, cosa cazzo me ne frega di sto teatrino? Nulla!”
Che poi, volendo guardare anche in un ambiente falso si
trovano verità: gli incontri tra colleghi distanti anni luce per scelte e
percorsi hanno sicuramente qualcosa da dirsi se si ritrovano gomito a gomito
tutto il giorno 330 giorni l’anno dico io! Però è interessante l’incontro
umano, non quello professionale che di solito si perde in un gioco di ruolo "datatissimo" e noioso, almeno per me. Lo stesso vale per le relazioni, di
qualsiasi tipo: la bellezza ed il senso profondo sta nella gioia dello scoprirsi ogni giorno e ciò spesso è soppresso dalla consuetudine a causa della quale due individui unici diventano
caricature di ruoli senza vita. Le cose
importanti sono i sentimenti, le passioni, gli amori, le affinità, le occasioni
karmiche, le sinergie che intersecano i percorsi, gli incontri appunto… Tutto
il resto, a mio avviso, è contingenza, necessità, abitudine al Truman show, al
Matrix.
E mi va bene fare dei giochi di ruolo, tenendo ben presente però che io non sono l’impiegato, non sono il figlio, non sono il marito, ma sono e
resto Ivano.
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