martedì 13 settembre 2016

L'ARTE DELLA RESILIENZA


Oggi direi di essermi svegliato male. Le ragioni ci sono sempre, anche se quasi mai valgono il ribollire del sangue, ma pur sapendolo, io vado in punto di fusione. Ed una volta che il nocciolo si scalda, ci vuole un “nonnulla” per un disastro nucleare. Una telefonata antipatica, un problema da risolvere etc. Tutto nasce da un singolo momento, da un fiocchettino di neve, che in men che non si dica si trasforma in valanga, travolgendo tutti i buoni propositi e fottendo il mio buon umore.

ARG,SGRUNT,PORC, SVOOSH.

Anche riconoscendo la piccolissima miccia che fa appiccare il rogo, non riesco a calmarmi e rasserenarmi. Sono in modalità “mollatemi tutti, io non esisto, sono Casper”. Non hai visto niente, non hai sentito niente, vaffanculo a prescindere. Tanto per essere chiari.

Oltre che a un movimento tellurico importante delle mie placche “prostatriche”, sento anche il mio volto che diventa pietra, fossilizzandosi in un’espressione arcigna e supponente che credo possa solo dire: “ non vali un cazzo, scansati e NON parlarmi”. Scrivendo queste parole che fanno uscire un po’ di aria calda dalla pentola a pressione del mio cervello, non posso fare altro che sorridere, perché, guardandomi dall’esterno e conoscendomi ormai abbastanza, risulto una caricatura di me stesso.

E così, è quasi magia Jhonny, la mia faccia di marmo piano piano riacquista elasticità e colore, sento ritornare il calore della serenità.

Il trucco in questi momenti di “AVARIA, AVARIA, ALLARME ROSSO SCAPPATE TUTTI”,  sta proprio nel sapersi allontanare da se stessi in alcuni momenti per verificare che un brufolo non è una montagna, ma solo un brufolo. Il potersi vedere dall’esterno è un’ottima tecnica per il buon umore, per riprendere fiato, per vedere la giusta grandezza delle cose, che spesso dall’interno o da vicino sembrano immense. I MEGA-PROBLEMI, se visti dall’alto, possono essere semplicemente delle cagate di coniglio, certo comunque merda, ma sicuramente gestibili.

Forse è troppo dire che adesso sono in sintonia con il mondo, ma con un occhio dentro ( furibondo) e un occhio fuori (divertito e tranquillo) riesco a trovare quell’ auto-ironia che permette di prendere le cose alla leggera, che da il super potere della resilienza.

Resilienza è una parola che mi piace un sacco. Vorrei scriverci una canzone, un saggio, vorrei farne un film! La capacità di farsi scivolare le cose addosso. Io mi immagino sempre di essere sotto una cascata di vernice colorata che mi ricopre e poi se ne va via senza macchiare né vestiti o pelle. Al momento dell’inondazione la sensazione non è piacevole perché la vernice è densa, ti ricopre completamente e ha un odore poco gradevole ma poi tutto sparisce, così come è arrivato. Ritengo che sia sempre più difficile sviluppare questa capacità in quanto c’è l’abitudine a fare i nodi al cuore, di tenersi tutto, di vivere ogni difficoltà come un affronto personale, un attacco voluto del destino proprio contro di te. Soprattutto in quegli ambiti sociali falsissimi come il posto di lavoro (beato sia chi può dire di stare 8 ore al giorno in un intorno positivo e sincero) bisogna esercitare questo bel dono ripetendosi più e più volte “ ma a me, in fondo, a me come persona, come essere umano, cosa cazzo me ne frega di sto teatrino? Nulla!”

Che poi, volendo guardare anche in un ambiente falso si trovano verità: gli incontri tra colleghi distanti anni luce per scelte e percorsi hanno sicuramente qualcosa da dirsi se si ritrovano gomito a gomito tutto il giorno 330 giorni l’anno dico io! Però è interessante l’incontro umano, non quello professionale che di solito si perde in un gioco di ruolo "datatissimo" e noioso, almeno per me. Lo stesso vale per le relazioni, di qualsiasi tipo: la bellezza ed il senso profondo sta nella gioia dello scoprirsi ogni giorno e ciò spesso è soppresso dalla consuetudine a causa della quale due individui unici diventano caricature di ruoli senza vita.  Le cose importanti sono i sentimenti, le passioni, gli amori, le affinità, le occasioni karmiche, le sinergie che intersecano i percorsi, gli incontri appunto… Tutto il resto, a mio avviso, è contingenza, necessità, abitudine al Truman show, al Matrix.

E mi va bene fare dei giochi di ruolo, tenendo ben presente però che io non sono l’impiegato, non sono il figlio, non sono il marito, ma sono e resto Ivano. 

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