Stavo scrivendo una lettera e subito mi si è accesa la
lampadina: Blog, blog! In realtà anche ieri ho iniziato a scrivere un nuovo
post ma poi ho cancellato tutto pensando che fossero riflessioni troppo intime,
che non volevo condividerle. E ritengo sia corretto tenere delle cose solo per
me, ma credo anche che scrivere con la
consapevolezza (senza aspettative) di essere letto da qualcuno è un buon
esercizio, sta a me decidere cosa divulgare e cosa mantenere.
Voglio scrivere di questo sabato passato al mio paesello
natale. Un villaggio, direi, di 5000 anime, circondato da boschi, con una
collina sulla quale c’è una chiesetta dedicata alla Madonna che permette una
bella vista del Lago di Lugano (o Porto
Ceresio dipende sempre dal punto di vista). E li ho cantato per circa due ore,
durante un evento organizzato dalla mia migliore amica.
E’ stata un’esperienza forte, piena di significato e
soprattutto piacevole. Sono tornato al paesello dal quale ero scappato perché per
un gay la comunità era troppo piccola e ristretta (anche per un etero volendo
dire)e sono tornato con “la mia arte” e
oltretutto è stato un successo.
E la cosa mi ha fatto un piacere immenso. Si, perché se
prima del concerto mi dicevo che Besano era un posto come un altro, anzi che lo
facevo solo per fare un favore ad un’amica che in poco tempo aveva dovuto
organizzare una festa di paese, in realtà ho scoperto che ci tenevo ad essere
lì, sul quella collina dove ho passato buona parte della mia infanzia. Ci si
andava da piccoli con le slitte quando nevicava salendo la via crucis a piedi
per poi sfrecciare ad una velocità folle (ricordo di una volta che mi schiantai
contro una cappella, che dolore!!). E da più grande andavo a fare campionati di
golf con mio cugino Angelo e un amico: ci si costruiva il set completo di legni
e bastoni, rigorosamente tutti in legno, si prendevano le palline da ping-pong,
si faceva un taglietto, le si riempiva di sabbia e poi le si ricopriva di
strati di nastro isolante per dare un peso simile a quelle vere. E credo di essermi
fumato anche qualche canna su alla Madonnina con una splendida vista della
valle…. Alla fine della serata mi sono sentito di nuovo un besanese….. che
strano, io che rifiuto anche l’etichetta di lombardo o italiano….
Insomma, ritrovandomi lì, con la solita ansia da
prestazione, vendendo volti conosciuti e dimenticati da anni, mi sono ricordato
che quello è il simbolo del luogo dove sono nato e cresciuto. E tornarci, dopo
così tanti anni, proponendomi come cantante, la passione che nessuno della mia
famiglia ha mai spinto o incoraggiato, ha davvero significato tanto per me. E
come sempre è stato un viaggio bellissimo da vivere: i primi minuti dove trema
anche l’anima… le prime canzoni che escono a stento, il cuore a mille, il
desiderio di trovarsi da tutt’altra parte o di avere un muro tra me e il
pubblico (questo mi capita soprattutto quando non ho un vero palco che separi).
Dopo il terrore arriva la rabbia, dove mi dico “cazzo te ne
frega Ivano se fai schifo, canta per te, canta per i tuoi colleghi, canta il
posto dove sei”; poi la rabbia scema e lascia spazio alla vibra, la connessione
con qualcuno che ti guarda e apprezza: uno sguardo, un battere di piedi a
tempo, delle labbra che canticchiano un pezzo conosciuto. E all’improvviso
giunge l’estasi: non riesco a trovare una parola adatta ma è una sensazione
strana dove sei completamente in quel posto ma sei anche da tutt’altra parte. Senti
la presenza del corpo ma stai anche volando accompagnato dalla musica. E
vorresti che non finisse mai, continueresti a cantare fino al crollo fisico,
fino a quando le corde vocali non diventino dure come pietra.
Poi arriva la fine. E dall’alto del cielo plani sempre più
velocemente verso terra. E devo fumare e devo bere, devo riappropriarmi di
quella corporeità, che ho sospeso per quelle due infinite ore. E galleggio,
balzello, chiacchero, dico grazie a chi mi fa i complimenti, mi giro e ci vuole
un po’ per ritornare in me. Veramente capisco le grandi star che dopo un
concerto davanti ad uno stadio pieno, osannati e adorati si perdano in
dipendenze varie e si suicidino. Come si può riproporre nella vita quotidiana
questo tripudio di emozioni e sensazioni, questo momento di sintonia
universale? Dopo un evento del genere qualsiasi cosa della vita sembra
incolore, insapore e vuoto. Io dopo aver cantato davanti a 100 persone in una
festa di paese cado in uno stato depresso-vegetativo per un paio di giorni. Incomincio
a ringraziare il cosmo di non essere diventato famoso. Sarei già morto molto
probabilmente.
Comunque che bella giornata, che bella serata, che bel
posto, che bella gente e che …. FATICA!!! Ma ne vale sempre la pena. E spero
tanto di poter rivivere presto queste situazioni.
Mi sento in diritto di considerarmi artista, anzi
consideriamoci tutti artisti e spero tanto che nelle vostre vite possiate
provare ogni tanto la magica euforia di un momento di connessione cosmica. Abbandoniamoci. Ogni tanto.
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