lunedì 12 settembre 2016

LEGGI E SCRIVI, LEGGI E SCRIVI.....

Scrivere, scrivere, scrivere. …. Stamattina, mi sono svegliato con voglia di buttare un po’ d’inchiostro su carta pur non utilizzando né l’uno né l’alta. Il romanticismo ucciso dal codice binario!
Sono anche di buon umore perché questo bel Lunedi mi ha regalato non 1 ma 3 arcobaleni… Bhè, non sarebbe male trovare almeno un pentolone pieno di monete ma ci godiamo quel che c’è. E poi bisognerebbe sempre guardarsi le spalle dal folletto incazzato!

E’ un bel periodo per me, dal punto di vista artistico per lo meno. Sono completamente immerso nel mio progetto musicale e scrivo canzoni, che sento tanto senza troppo sforzo. Scrivo di getto, di sentimento d’istinto; spesso mi commuovo e mi incazzo mentre lo faccio e ciò vuol dire che, quello che scrivo, almeno per me, è vero.

Ritengo che l’unico obbligo che uno “scrittore” (passatemi il termine inappropriato) debba avere sia con se stesso: per me sia da fruitore che da “creatore” cerco sempre la sincerità, un onestà di intento. Non potrei scrivere mai, ad esempio, una parola solo perché fa rima e mi chiude la frase. Ogni termine che uso in una canzone, per me e molto probabilmente SOLO per me, deve avere significato. Anche quando immagino la vita di qualcun altro, ricerco in me una coerenza emotiva. Non so bene come spiegarlo.

E’ così piacevolmente intenso scrivere, e con le canzoni è veramente speciale unire le parole alla musica; far dire al suono quello che il significato solo della parola non può raccontare e poi enfatizzarlo con l’interpretazione. Mina è la mia grande maestra d’interpretazione per quanto riguarda la musica italiana. Lei non scrive ma ingoia i testi e le storie di altri diventano sue. E’ terreno di fertili studi l’empatia con la quale qualcosa che non ti appartenga (almeno in apparenza) diventi tuo.
Credo che nell’interpretazione (sia per attori che per cantanti) il segreto stia nel  trovare quella piccola parte di noi che racchiuda un sentimento o una condizione che sembra non appartenerci. Mi capita di poter trovare in me quel filo, seppur sottile, che mi può collegare ai più diversi stati d’animo e personalità. Ho scoperto questa capacità quando frequentavo un corso di teatro: se il mio personaggio doveva arrabbiarsi perché scopriva che la moglie lo tradiva, io cercavo una scintilla del sentimento del tradimento (che ovviamente mi apparteneva già in qualche modo) e lo manipolavo, lo indirizzavo verso quella precisa situazione.

E’ stupendo entrare in un modo d’essere o di sentire che normalmente non bazzichi.  Che poi, in realtà, tutti abbiamo provato gli stessi sentimenti, almeno una volta nella vita; diverse situazioni ma stesse emozioni. Tutti ci siamo sentiti amati, traditi, respinti; abbiamo provato invidia, rancore, gioia, gratitudine etc. Basta pescare dentro di noi quel particolare sentimento e adattarlo alla situazione richiesta. Mi rendo conto che forse questo sia un altro dono, un talento perché noto spesso e volentieri che non tutti lo posseggono. E’ per questo che ammiro tanto la grande Mina. Che parli di vacanze o di morte, sembra sempre che racconti un suo vissuto.
Brava!

Sono felice di vivere questo periodo florido: l’arte chiama l’arte come il denaro chiama il denaro. Ho deciso di riprendere lezioni di canto, perché, oltre alla necessità fisica di migliorare ed affinare l’utilizzo del “mio strumento”, ho voglia di immergermi un po’ nella musica, di farmi influenzare, di conoscere cose nuove… E per questo motivo ho altresì voglia di continuare a scrivere, su questo blog, le mie canzoni e frequentare la Corte Dalì mettendo mani nell’impasto dell’arte sociale.
“Practice makes perferct” cantava Ella, la pratica rende perfetti, impossibile non essere d’accordo, ma vero anche che  la pratica rende felici, sereni, equilibrati o piacevolmente squilibrati come preferisco definirmi io.

Anche la lettura per me ha un ruolo importantissimo. Da più o meno un anno sto utilizzando solo l’e-book: è veramente comodo e economico ( si possono scaricare un sacco di libri gratis) ma è impersonale. Manca quella relazione quasi feticista con la carta: il rumore delle pagine che passano, il colore che da bianco immacolato passa a giallognolo, l’odore di un libro, la mole (a me piacciono i libroni!) e lo scambio che c’è tra lettore e opera. Si invecchia insieme. A me piace passare con lo sguardo un libro sgualcito della mia menomata libreria (un essere malvagio ha buttatto via scatoloni pieni di miei carissimi libri) e ricordare l’intensità con cui lo l’ho letto; vedere i libri tutti allineati di una serie (in primis la ruota del tempo) e ricordare gli anni (quasi due) che abbiamo passato insieme.
Con il libro elettronico, tutto è più freddo, più distante e per quanto si possa godere completamente di una lettura manca una certa intimità. E così mi sono comprato due libri “veri” che non vedo l’ora di iniziare a leggere e credo che d’ora in poi medierò tra cartaceo ed elettronico.
Lo stesso successe con la carta e il pc: il passaggio da scrittura a mano, attraverso la macchina da scrivere (che ancora manteneva una certa personalità nel rapporto macchina – operatore) a tastiera del computer. Insomma mandare una lettera e una mail non sono la stessa cosa. Ma questo è il progresso e non voglio contrastarlo. Ho superato le cassette, i cd, le vhs, i dvd, le macchine da scrivere, ma ancora non sono pronto ad abbandonare il libro. E’ comunque un attaccamento alla materia, un legame romantico con la forma e non con il contenuto, ma pur sapendolo, amo la mia relazione con il TOMO.

Ho tanti spunti, tanti piccoli puntini da unire insieme per disegnare un mio percorso artistico che voglio godere nel tragitto anche perché, oltre a quello di conoscermi ed accettarmi un po’ di più, di traguardi da raggiungere proprio non ne ho.

 E mi sento libero da definizioni, e non mi sento opprimere dallo scorrere del tempo.

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