Scrivere, scrivere, scrivere. …. Stamattina, mi sono
svegliato con voglia di buttare un po’ d’inchiostro su carta pur non
utilizzando né l’uno né l’alta. Il romanticismo ucciso dal codice binario!
Sono anche di buon umore perché questo bel Lunedi mi ha
regalato non 1 ma 3 arcobaleni… Bhè, non sarebbe male trovare almeno un
pentolone pieno di monete ma ci godiamo quel che c’è. E poi bisognerebbe sempre
guardarsi le spalle dal folletto incazzato!
E’ un bel periodo per me, dal punto di vista artistico per
lo meno. Sono completamente immerso nel mio progetto musicale e scrivo canzoni,
che sento tanto senza troppo sforzo. Scrivo di getto, di sentimento d’istinto;
spesso mi commuovo e mi incazzo mentre lo faccio e ciò vuol dire che, quello
che scrivo, almeno per me, è vero.
Ritengo che l’unico obbligo che uno “scrittore” (passatemi
il termine inappropriato) debba avere sia con se stesso: per me sia da fruitore
che da “creatore” cerco sempre la sincerità, un onestà di intento. Non potrei
scrivere mai, ad esempio, una parola solo perché fa rima e mi chiude la frase.
Ogni termine che uso in una canzone, per me e molto probabilmente SOLO per me,
deve avere significato. Anche quando immagino la vita di qualcun altro, ricerco
in me una coerenza emotiva. Non so bene come spiegarlo.
E’ così piacevolmente intenso scrivere, e con le canzoni è
veramente speciale unire le parole alla musica; far dire al suono quello che il
significato solo della parola non può raccontare e poi enfatizzarlo con l’interpretazione.
Mina è la mia grande maestra d’interpretazione per quanto riguarda la musica
italiana. Lei non scrive ma ingoia i testi e le storie di altri diventano sue.
E’ terreno di fertili studi l’empatia con la quale qualcosa che non ti
appartenga (almeno in apparenza) diventi tuo.
Credo che nell’interpretazione (sia per attori che per
cantanti) il segreto stia nel trovare
quella piccola parte di noi che racchiuda un sentimento o una condizione che
sembra non appartenerci. Mi capita di poter trovare in me quel filo, seppur
sottile, che mi può collegare ai più diversi stati d’animo e personalità. Ho
scoperto questa capacità quando frequentavo un corso di teatro: se il mio
personaggio doveva arrabbiarsi perché scopriva che la moglie lo tradiva, io
cercavo una scintilla del sentimento del tradimento (che ovviamente mi apparteneva
già in qualche modo) e lo manipolavo, lo indirizzavo verso quella precisa
situazione.
E’ stupendo entrare in un modo d’essere o di sentire che
normalmente non bazzichi. Che poi, in
realtà, tutti abbiamo provato gli stessi sentimenti, almeno una volta nella
vita; diverse situazioni ma stesse emozioni. Tutti ci siamo sentiti amati,
traditi, respinti; abbiamo provato invidia, rancore, gioia, gratitudine etc.
Basta pescare dentro di noi quel particolare sentimento e adattarlo alla
situazione richiesta. Mi rendo conto che forse questo sia un altro dono, un
talento perché noto spesso e volentieri che non tutti lo posseggono. E’ per
questo che ammiro tanto la grande Mina. Che parli di vacanze o di morte, sembra
sempre che racconti un suo vissuto.
Brava!
Sono felice di vivere questo periodo florido: l’arte chiama
l’arte come il denaro chiama il denaro. Ho deciso di riprendere lezioni di
canto, perché, oltre alla necessità fisica di migliorare ed affinare l’utilizzo
del “mio strumento”, ho voglia di immergermi un po’ nella musica, di farmi
influenzare, di conoscere cose nuove… E per questo motivo ho altresì voglia di
continuare a scrivere, su questo blog, le mie canzoni e frequentare la Corte
Dalì mettendo mani nell’impasto dell’arte sociale.
“Practice makes perferct” cantava Ella, la pratica rende
perfetti, impossibile non essere d’accordo, ma vero anche che la pratica rende felici, sereni, equilibrati o
piacevolmente squilibrati come preferisco definirmi io.
Anche la lettura per me ha un ruolo importantissimo. Da più
o meno un anno sto utilizzando solo l’e-book: è veramente comodo e economico (
si possono scaricare un sacco di libri gratis) ma è impersonale. Manca quella
relazione quasi feticista con la carta: il rumore delle pagine che passano, il
colore che da bianco immacolato passa a giallognolo, l’odore di un libro, la
mole (a me piacciono i libroni!) e lo scambio che c’è tra lettore e opera. Si
invecchia insieme. A me piace passare con lo sguardo un libro sgualcito della mia
menomata libreria (un essere malvagio ha buttatto via scatoloni pieni di miei
carissimi libri) e ricordare l’intensità con cui lo l’ho letto; vedere i libri
tutti allineati di una serie (in primis la ruota del tempo) e ricordare gli
anni (quasi due) che abbiamo passato insieme.
Con il libro elettronico, tutto è più freddo, più distante e
per quanto si possa godere completamente di una lettura manca una certa
intimità. E così mi sono comprato due libri “veri” che non vedo l’ora di iniziare
a leggere e credo che d’ora in poi medierò tra cartaceo ed elettronico.
Lo stesso successe con la carta e il pc: il passaggio da
scrittura a mano, attraverso la macchina da scrivere (che ancora manteneva una
certa personalità nel rapporto macchina – operatore) a tastiera del computer.
Insomma mandare una lettera e una mail non sono la stessa cosa. Ma questo è il
progresso e non voglio contrastarlo. Ho superato le cassette, i cd, le vhs, i
dvd, le macchine da scrivere, ma ancora non sono pronto ad abbandonare il
libro. E’ comunque un attaccamento alla materia, un legame romantico con la
forma e non con il contenuto, ma pur sapendolo, amo la mia relazione con il
TOMO.
Ho tanti spunti, tanti piccoli puntini da unire insieme per
disegnare un mio percorso artistico che voglio godere nel tragitto anche perché,
oltre a quello di conoscermi ed accettarmi un po’ di più, di traguardi da
raggiungere proprio non ne ho.
E mi sento libero da
definizioni, e non mi sento opprimere dallo scorrere del tempo.
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