mercoledì 19 ottobre 2016

LA CINETICA E LA RICERCA DI ESMERALDA

Ho quasi paura a scriverlo, a dichiarare per iscritto che scelgo di tentare, come posso, quanto posso, di seguire la strada tortuosa e ovviamente in salita, della realizzazione personale (quella vera).Scelgo di prendere il viaggio dopo una bella e corposa sosta.

Questa volta il passaggio dall’immobilità al movimento è armonioso, spontaneo elegante. Spesso mi è capitato di sentire il DOVERE di mettermi in moto e allora mi prendevo con violenza e mi sbattevo fuori di casa da solo tipo il gatto Tom quando veniva sorpreso dal cane Spike.   

Ora mi sento come se mi fossi finalmente alzato dalla panchina e avessi preso un treno. Prima un po’ agitato camminando avanti indietro e poi sempre più rilassato in attesa di arrivare alla prima fermata. Si, perché è di piccole fermate che voglio si componga questa nuova avventura. Lascio da parte le inutili paure per il futuro, per gli obiettivi da raggiungere e mi butto nel presente, cercando di viverlo appieno. Poco, piano e bene. E bello.

Non che mi sia trasformato da Gargamella a puffo felicissimo ovvio. Sono già stanco prima di iniziare! Non vedo fiori e arcobaleni dove prima c’erano grotte buie e paludi. Intravedo però la possibilità e sento scorrere la volontà. E dici poco. E? fiorito dentro me un sorriso di gioia e curiosità per vedere cosa succede. Non sono più fermo ad aspettare, mi sto muovendo e che sia per un giorno o per il resto della mia vita davvero non mi importa. Adesso ci sono.

Sento sotto i piedi le vibrazioni della locomotiva sulle rotaie, vedo gli altri viaggiatori indaffarati a sistemare le valige o persi nella contemplazione del paesaggio. C’è fervore, c’è attesa, c’è energia. Ed io ne faccio parte.  Ieri mi sono ritrovato a parlare con una cara amica, di me, di noi, ma soprattutto di me. E attraverso le sue analisi e le sue intuizioni mi sono riappropriato di quell’essere insoddisfatto che ha bisogno di continue novità per sentirsi vivo. Ci sono persone, che attraverso la contemplazione e lo stare, riescono ad essere appagate e a vivere pienamente. Non che siano fermi come un sasso (anche perché gli uomini-pietra di solito non sono sereni) ma felici ed in equilibrio con il loro essere, completamente immerso nel presente e in armonia con l’ambiente che li circonda. Io invece sono un insofferente, ho bisogno di movimento, di rumore, di stimoli, altrimenti mi trasformo in un adesivo della  Panini attacca e stacca: attacca in macchina, stacca al lavoro e riattacca sul divano. E mi dimentico in fretta di essere un uomo.  

Oggi mi sento come se fossi su un trampolino pronto per tuffarmi: passata l’indecisione se farlo o no, dopo aver impiegato anni per salire gli scalini che portano in alto, finalmente sono pronto; ancora qualche passo e mi butto. Probabilmente non farò un triplo carpiato con avvitamento, non entrerò in acqua leggero come una piuma, ma mi butto. E’ anche possibile che mi spiaccichi con una dolorosa spanciata ed esca subito dalla piscina, ma chi cazzo se ne frega. Per me, l’importante adesso è tuffarmi.

Nel momento in cui ho deciso di mettermi alla prova, di vivere, di giocare con le occasioni che ancora una volta (grazie al cosmo) mi si propongono, è come se avessi perso 20kg con una cura dimagrante miracolosa. Rimangono le incertezze, i dubbi ma non c’è più l’angoscia, il rimorso, quel bolo fangoso in fondo allo stomaco che ricordava tutti i giorni quello che avrei potuto e non ho fatto. Ora ci provo signorie se non ci riesco comunque avrò fatto un viaggio, conosciuto luoghi e gente nuovi e solo per questo ne sarà valsa la pena. Si può sempre tornare, quello che non è sempre garantito è la possibilità di andare da qualche parte.

Dopo tutto questo positivismo che mi fa prudere la pelle, non posso che ammettere che ogni viaggio comporta e rischi e momenti di difficoltà. Non c’è sentiero che non abbia una radice che ti faccia inciampare.

Io ne ho già incontrata una.

Ieri, nell’organizzare un progetto, carico di buoni propositi e di idee, mi sono ritrovato inebetito ed interdetto: mentre il mio interlocutore parlava io pensavo “cosa mai mi è passato per la testa di accettare sta roba! Non ne so niente, non so fare niente, ma dove vado!” . Ma stavolta, il subdolo sconforto e la viscida rabbia non hanno fatto in tempo a raggiungermi perché la voce della mia volontà si è fatta sentire chiara e cristallina: “ Non sai, vuol dire che imparerai. Non vedi un sentiero ben delineato e allora brancola nel buio per Dio! Allunga le mani e cammina! Al massimo di fai qualche bernoccolo” Ed  è proprio quello che voglio fare. Fanculo alla paura del buio! Fanculo alla mia esigenza di controllo e di pianificazione, fanculo al conosciuto e a quello che so gestire.

Ritorna la maledettissima aspettativa, quella benda sugli occhi che non permette di  vedere quello che c’è, ma solo di immaginare quello non c’è e che sarebbe potuto essere.  Per quanto io cerchi razionalmente di annullarla sbuca fuori lo stesso come la bolletta di Genniao del metano.  Sempre mi immagino un’evoluzione di una situazione o di un percorso; nel momento in cui l’immagine mentale è disattesa nella realtà, entro crisi o mi rompo le palle, spacco qualcosa e me ne vado. E ringhio.

E’ giusto e sano, credo, investire sui progetti e sulle persone ma forse è più una questione di sentimento che di proiezione mentale. Non riesco a spiegarmelo bene, però  con la musica ad esempio, se cantassi per diventare famoso (proiezione) avrei già mollato da tempo . Investo il canto di passione e amore ed il tempo e le energie che dedico a questa attività sono già ripagate dal mio sentire mentre lo faccio.

Noto un certo "continuum"  in questi ultimi post, mi sto ripetendo un po’, ma veramente vorrei rileggerli fra qualche mese ricordando il momento nel quale finalmente ho limato le corna e visto spuntare timide "alucce" piumate tra le scapole. Per uscire dagli inferi e tendere verso il paradiso.

Mi sento pronto per godere di tutti quei piccoli momenti, quelle piccole scelte, che fanno parte di ampi e più complessi progetti. Tante “notine” suonate una dopo l’altra che creano una splendida armonia. Non voglio più correre solo per raggiungere il prima possibile un traguardo , voglio passeggiare in un sentiero guardando i colori cambiare, sentendo i profumi del bosco e la terra umida sotto i miei piedi.

Forse il mio non poter più correre fisicamente, per il mio problema alla gamba, voleva significare anche questo. Quando mi sono operato ho riflettuto e mi sono detto: ok, non posso più correre. Cammino. Che problema c’è. Ma da un punto di vista karmico o cosmico o come vogliate chiamarlo che significato ha? Mi sono comprato un libro di metamedicina (i sintomi del corpo sono segnali e messaggi che rimandano ad altre sfere dell’essere) e i problemi alle gambe sono segnali fisici di un nostro disequilibrio nel porci al  mondo (spiegazione mooooolto semplificata). Con le gambe decidiamo una direzione, ci muoviamo verso o ci allontaniamo da, insomma ci spostiamo esercitando la nostra volontà sul movimento. 

Io probabilmente mi spostavo così velocemente tra i diversi ambiti della mia vita che l’universo mi ha voluto dire “aspetta bello (non so perché ma l’universo me lo immagino un po’ hippy e un po’ fattone) calma, correre troppo velocemente  è come non muoversi”. Interessante.

 E infatti io nella vita o corro o sto fermo. Oggi mi sembra di cogliere questa occasione, una possiblità a pagamento (una settimana tra macellai e moribondi) per poter muovermi trovando un ritmo. Non più a rotta di collo.

Intorno a me ci sono volti, proposte, possibilità; dentro di me ci sono idee, volontà e voglia di fare. Non ho bisogno di scegliere tutto o rifiutare tutto come faccio di solito. Ho voglia di assaggiare, provare, decidere ciò che mi aggrada o gentilmente declinare verso qualcos’altro. Con impegno ma con leggerezza, deciso ma delicato.

E passo dopo passo, con qualche saltello e una giravolta, trovare il mio cammino di mattoncini dorati verso Esmeralda, la magica città del regno di Oz. 

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