E’ il primo Venerdi della prima settimana di un mio nuovo
sentire. Ottobre mi ha regalato un’occasione ed io la sto cogliendo. Una
settimana di viaggio, veleggiando verso una destinazione precisa senza fretta
di raggiungerla. Aver trovato finalmente una direzione da percorrere, seppure in acque
sconosciute, è molto stimolante. Se la si prende con la dovuta leggerezza e
curiosità. Un moto in armonia con una parte di me che ho tenuto spesso sotto
coperta. Adesso mi sento quasi completo.
E fisicamente distrutto.
Sono mentalmente come un prosecco appena aperto, bello
fresco, frizzoso e pronto a donare
allegria. Per quanto riguarda il corpo è un altro paio di maniche. Le
resistenze al cambiamento che tanto a lungo mi hanno tenuto imprigionato con spesse e pesanti catene, ora sono solo fili di lana facili da spezzare ma comunque presenti.
Mi ora viene in mente la frase di una serie che ho visto ieri:
l’intera evoluzione della terra e dell’uomo si è basata su un singolo concetto.
L’errore. E’ grazie ad esso che si tenta, si fallisce, si aggiusta il tiro e si
ritenta di nuovo e si va avanti.
Il movimento interno ed esterno si evolve attraverso
l’esperienza e l’errore nelle sue
molteplici forme. L’errore può condannare, distruggere, calpestare o può dare
una nuova occasione, prospettiva, può generare bellezza e armonia. Dipende dai
punti di vista.
E l’idea, il concetto di errore, la paura di stare
sbagliando, accompagna ogni avventuriero.
Pervaso da queste forze magiche e misteriose, attraverso
appunto il movimento e l’errore, mi sento completamente scarico in termini
energetici. Ma arricchito in termini di relazione con gli altri e stima
personale. Martedi ho fatto un incontro per pianificare il corso
di scrittura creativa; incontro che il giorno dopo si è trasformato in uno
scontro, poi in un confronto e poi in una dichiarazione di affetto e amore
(meno male). Mercoledi sera ho provato con il gruppo senza un elemento che
prima di essere musicista per me è un caro amico. Ho dovuto scindere i due ruoli perché uno soddisfacente (molto) e
l’altro no (non più per lo meno). Sia Martedi che Mercoledi ho dormito circa 4
ore a notte perché tornavo tardi e avevo troppi pensieri. Ieri mattina mi sono
svegliato con un macigno sulla testa e un inizio di orzaiolo all’occhio
sinistro che poi sembra sia solo uno scomodissimo brufolo.
Ieri sera non avevo
impegni e sono svenuto in un sonno poco ristoratore alle 21.30 svegliandomi
7543 volte. Stasera ho lezione di canto, poi altro incontro pianificazione e
poi…. ARIMO. Anche se so già che dovrò dedicare
parte del week end (se non tutto)allo studio della musica perché devo iniziare
a preparare l’esame di ammissione. Insomma prima settimana fervida e intensa,
piena di spunti per riflettere. Rimane il fatto che sono contento; stanco e
scarico ma contento.
Sto riflettendo molto sul concetto di ruolo: trovo sia
veramente complesso gestire relazioni
con persone per le quali si prova affetto e stima in due ambiti separati:
quello dell’amicizia e quello lavorativo professionale. Sto imparando che non ci sono regole per
gestire questo dualismo: tutto dipende dalle persone con cui si ha a che fare,
tutto si basa sulla personale ed intima relazione con l’altro. Mi è capitato in
questi giorni in due ambiti e con due persone diverse: in un caso ho capito, ho
sentito, che l’amicizia e la professionalità debbano fondersi perché io possa
godere appieno dell’esperienza; dall’altro ho bisogno di separare i due aspetti
perché uno mi riempie qualitativamente e l’altro no.
Per quanto il concetto stesso di ruolo possa suonare alle
mie orecchie come catalogante e riduttivo in una persona, è un concetto utile.
Un ruolo non definisce una persona nella sua totalità ma lo caratterizza in un aspetto peculiare del suo manifestarsi agli altri; è parte di un tutto. Questo mi capita molto sul
lavoro dove io non investo con sentimento di solito; offro solo una relazione
professionale e umanamente educata, ma superficiale. Manifesto un ruolo di
impiegato perché è per quello che mi pagano e non voglio condividere altro.
Ovvio è, che stiamo comunque parlando di relazioni tra esseri umani e che, come
tali, non possono essere completamente algide, ma in linea di massima cerco di
mantenermi il più possibile al margine ed operare solo attraverso il filtro
di una professionalità educata. Non ho bisogno di raccontare chi sono, non mi
interessa creare un contatto intimo anche se l’incontro (quello vero), quando capita, non lo
evito perchè è sempre un regalo (anche quando il pacchetto fa cagare).
Su altri aspetti della mia vita però, con le persone che mi orbitano
intorno perché le scelgo, con i miei affetti ed i miei amici, la
situazione si complica nella misura in cui e fino a quando non si trova la
giusta pozione alchemica per creare armonia nel progetto che si sta condividendo. Quella mediazione tra ruoli che permette una sana collaborazione. Ma se per qualche motivo la pozione magica perde il suo effetto, allora è sano manifestare il proprio cambio di stato. Questo può portare ad un cambio di direzione ed a un arricchimento o ad una separazione in quell'ambito. Quello che rimane difficile è gestire il sentimento che questa esternazione può creare. Dire a qualcuno che è parte del tuo
quotidiano che non è più adeguato per me (non in maniera assoluta intendiamoci)
in quel ruolo, senza trasportare questo sentire sul piano affettivo
è impegnativo, stancante, crea confusione, dubbi e mi fa venire l’orzaiolo.
Probabilmente non sono stato chiaro perchè ancora sto metabolizzando. L'errore, accidenti a lui, è sempre dietro l'angolo.
Questa settimana mi è capitato due volte di voler manifestare il mio sentire pur sapendo che avrebbe creato attrito! Una situazione pare si sia chiarita mentre l’altra si sta riempiendo di malintesi, mezze
verità, intrighi. Arriva un momento dove la paura di creare dolore o delusione negli altri,
crea mostri peggiori della verità. La mia verità. Il mio sentire. Può non
piacere, non essere condiviso, fare male, fare arrabbiare ma è ciò che sento con il cuore; è genuino non è ragionato e non nasce con finalità malvage. E’ qui, dentro di me e
sento il bisogno di condividerlo con la persona la quale ne da un volto ed una forma. Questo intenso
processo di affermazione personale (io affermo chi sono facendoti sapere cosa
sento) lo ritengo un atto di onestà e di
amore nei confronti di un amico perché richiede uno sforzo immenso (almeno per
me) e volontà e ti mette in una situazione spesso scomoda.
Una grande lezione di vita, in così poco tempo. Fino a
qualche settimana fa mi sarei tenuto tutto per me, avrei tratto comunque le mie
conclusioni, ma non avrei condiviso per non creare attriti, per non mettermi
nella posizione di avere il diritto a dissentire, perché io, non conto un cazzo. Fino ad oggi. Avrei coltivato in segreto la mia insoddisfazione e le mie frustrazioni
e alla fine avrei abbandonato il progetto comune con qualche scusa, lasciando
dentro di me una piccola carie che con il tempo sarebbe diventato un doloroso
ascesso. Ma oggi mi sento in diritto di argomentare ciò che penso (solo nel caso che questa mia opinione porti a qualcosa e non sia fine a se stessa ovvio), anche se fa
male a qualcuno . Ho da troppo tempo una bassissima autostima
(vediamo se ci lavoriamo un po’ su grazie) che non mi ha mai permesso di dare
un opinione su qualcun altro. Intendiamoci, di opinioni sugli altri ce ne
facciamo mille al giorno, ma mai mi permettevo di illustrare a qualcuno il mio
sentire quando ero in disaccordo per qualcosa per me importante. Dentro me la voce della mia insicurezza
sussurrava “ E tu? Tu sei migliore? Al posto suo cosa faresti? Con che diritto
critichi qualcuno se tu non sei nessuno?” . Invece io sono qualcuno. Sono
Ivano. Ho delle idee, delle convinzioni che possono essere messe in discussione; sono sempre pronto al confronto e al dialogo. Ma non permetto più di togliere
dignità al mio sentire, perché se non costruito o filtrato dalla ragione con lo
scopo di manipolare o guidare, allora è vero e sano. E mio. Chi lo vuole interpretare come qualcos'altro lo faccia pure.
Pur mantenendo come precetto base la massima di Socrate IO
SO DI NON SAPERE, ossia l’ammissione della propria ignoranza come base per la
conoscenza, rimane il fatto che ho diritto ad un’opinione, soprattutto se essa crea
in me un vissuto con un amico. In questi giorni straordinari mi sono sentito in
diritto di condividere senza imporre nulla, senza chiedere
nulla in cambio o di diverso. Solo manifestandolo e rendendo partecipe l’altro.
Lascio anche la libertà di gestirlo come meglio creda,
compreso il rischio di perdere quell’amicizia perché vissuto come un affronto
personale, come un’offesa, una mancanza di rispetto o un mettermi su un
piedistallo e giudicare.
Noto ora che nelle relazioni, se si aspetta troppo a
palesare un malessere, un dubbio, un’incomprensione o ad esternare la fine di un’epoca,
di un vissuto, diventa veramente difficile non fare di tutta la complessità del legame un unico sterile fascio.
Io mi sento l’ultimo ignorante sulla terra e parto sempre
dal presupposto che chiunque possa insegnarmi qualcosa. Apprendere e conoscere sono
i propulsori del mio interesse verso una persona. Aggiungo anche la bontà, talento (troppo sottovalutato) che mi ha fatto innamorare del mio compagno. Probabilmente perchè non so un cazzo e sono cattivo!!!!
Mi metto sempre in discussione e
cerco (magari non riuscendoci ogni volta) di mettermi nei panni degli
altri. Accetto le critiche, con stizza e apprensione all'inizio forse, ma sempre
prendendole in considerazione prima di decidere se veramente mi possano aiutare
a migliorare, se effettivamente evidenzino una mia zona erronea prima di rifiutarle. Oltretutto credo che se una critica crei un
riverbero tale da scuotere le fondamenta della proprio sicurezza, allora sia un
regalo del cielo. Perché le case costruite su fondamenta instabili, crollano
facilmente creando danni enormi quando meno te lo aspetti!
Ed è curioso che proprio in questi giorni, dove sento il profumo del nuovo e la tentazione del mistero sia incappato in
queste difficoltà relazionali. Forse il rispetto dell’altro implica la
sincerità nel sentimento. Questo mio voler proteggere e preservare crea ancora
zone paludose e non fiumi cristallini.
D’altro canto amare qualcuno, significa anche lasciarlo
andare non costringerlo a rimanere per forza con omissioni.
E allora dico a questi amici verso i quali ho manifestato un
sentire non piacevole che io sono qui comunque pronto a condividere qualcosa di nuovo
e/o qualcos’altro, ma se ritenete che la mia verità crei una frattura nella nostra relazione allora avete la mia benedizione per andare lontano. Il mio affetto non cambia. Anzi
è più reale.
Tante emozioni forti che ho suscitato ed ho vissuto in
questi pochi giorni. Momenti di profonda riflessione e di confronto che mi
fanno sentire più uomo, più maturo e per questo non posso che apprezzare la mia
età e la mia esperienza. Per molti, l’avanzare del tempo è una condanna, per me
è un dono prezioso; è passare dallo spirito alla materia per poi riappropriarsi piano piano, dello spirito incarnato come singolo, unico per poi sentire di essere un tutto di nuovo.
Mi piace questo Ivano che prende coraggio e si muove nel suo
mondo; mi da gioia e fiducia perché tutto quello che capita, TUTTO e SEMPRE è
parte di un disegno che vuole esclusivamente rappresentare la propria realizzazione e consapevolezza.
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