Benvenuti nello stravagante mondo di Ivoryland,ossia della mia perturbata mente.Per condividere pensieri,passioni avvenimenti e soprattutto per canalizzare disordinatamente le creazioni della fantasia. Qui c'è spazio per tutto e per tutti i personaggi che affollano il mio cervello ed il tuo! E come nel migliore degli inizi, non ho la più pallida idea di dove questo viaggio appena iniziato mi porterà. Entrino signori entrino e non spaventavi di ciò che possiate incontrare perchè è reale....
venerdì 1 dicembre 2017
RI-FLESSIONE DEL SASSO CHE SI CREDEVA UN CALICE VUOTO
giovedì 23 novembre 2017
RADICI E STELLE (ciò che conta è ciò che hai)
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mercoledì 4 ottobre 2017
A CADUTA LIBERA
Riconosco la responsabilità di questo mio continuo cadere e me ne assumo le conseguenze, perchè stavolta ne sono cosciente e presente in ogni istante di questa a quanto pare interminabile caduta libera.
sabato 23 settembre 2017
INSPIEGABILMENTE TU
giovedì 21 settembre 2017
LUNA ASCOLTAMI
lunedì 28 agosto 2017
IL MANTRA DEL DISTACCO.
lunedì 3 luglio 2017
POTA IL TUO BONSAI - tanti auguri a me e a te-
Così ieri, per la prima volta, ho deciso con coraggio di mettere mano alle forbici e decidere di dare una forma al mio albero.
lunedì 19 giugno 2017
SOGNO DI UNA NOTTE DI INIZIO ESTATE
La collina dei cugis è in realtà più un pratone in cima ad un piccolo monte che si affaccia sul lago. Al centro c'è la nostra tanto amata casa, corpo materiale delle nostre anime che finalmente, dopo tanto cercare e lottare, possono condividere lo stesso spazio. Non è stato semplice trovare il coraggio di sognare, procurarsi le risorse per realizzare e incontrare questo posto. Ma, proprio quando stavamo per gettare la spugna, ce l'abbiamo fatta.
Era una vecchia fattoria in disuso, con una casa centrale spaziosa su due piani, con i muri spessi ed un fienile poco lontano.
Quando ci siamo entrati la prima volta era in pessime condizioni ma abbiamo voluto subito (soprattutto Margherita e Mariasole) andarci a vivere. Certo all'inizio non è stato facile ma trasformare quegli spazi abbandonati in casa nostra è stato un processo magico.
Mi sveglio presto come tutte le mattine ormai senza bisogno della sveglia. Il sole che spunta dalle montagne all'orizzonte illumina la stanza e per quell'ora il maledetto gallo Jack ha già iniziato il suo concerto. Siamo liberi dal dovere, ora viviamo solo nella volontà.
Come spesso accade mi giro stiracchiandomi e l'altra metà del letto è vuota. Che strano e piacevole scoprire il mio compagno il più mattiniero della famiglia quando prima aveva bisogno di 10 sveglie solo per aprire gli occhi!
Mi alzo senza fretta e mi infilo nel mio tutone. Siamo a metà Giugno ma ancora la mattina ha quel delizioso e rinvigorente freschino che solo in montagna si può godere. Saluto il panorama ringraziando il grande architetto per averci fatto incontrare questo posto magico.
Abbiamo deciso di tenere il carattere originale del casolare: muri grezzi e finiture in legno. I mobili li abbiamo recuperati, abbelliti e restaurati. Alcuni, anzi molti, li ha costruiti Cristian, che nel tempo è diventato un abile falegname.
Scendo le scale già sentendo profumo di caffè. E' un piacere camminare a piedi nudi sul pavimento di pietra fresco e ruvido per poi farsi coccolare dagli scalini di tiepido legno levigato.
La cucina è la parte che mi ha fatto subito innamorare di questo posto: abbiamo tenuto il vecchio lavandino enorme in ceramica con il suo rubinetto in ferro scuro. Sulla parete di sinistra c'è un enorme camino, di quelli vecchi, che ci si entra in piedi, vera anima della casa. Intorno ad esso abbiamo disposto divani e poltrone e le serate di inverno si perdono in racconti e risate o in semplice contemplazione.
Come spesso accade sono fortunato e la mega caffettiera (non mi ricordo chi l'ha portata) contiene ancora del caffè tiepido. Mi riempio la mia tazzona (ognuno di noi ha la sua tazza fatta da qualcun altro della famiglia come regalo di benvenuto alla collina cugis). La porta finestra è aperta e mi accingo ad uscire nel clima primaverile immaginando già chi incontrerò.
Daniela siede sul tavolone ricavato da un vecchio tronco. Siamo i "pigroni del gruppo", di solito gli ultimi due che fanno colazione. Tazza e sigaretta e il suo buongiorno, mi ricordano come sempre che tutto è come dovrebbe essere. E' ancora arruffata, spettinata eppure così bella persa in qualche strascico di sogno mentre assaggia il nuovo giorno. Sparpagliati sul tavolone ci sono fogli, appunti, immagini, disegni. Le do un bacio leggero sulla guancia. Stiamo lavorando al nostro secondo contorto, immenso, splendido romanzo. E la mattina è il momento che preferiamo per lavorare insieme anche se lei è più animale notturno. Daniela sa bene però, che prima di buttarmi sulle vicende dei nostri cari amati personaggi, io ho bisogno della mia passeggiata.
Lascio la cugi intenta a riorganizzare le idee per il nuovo capitolo e scendo i gradini di sasso che dal giardino di fronte a casa, portano un pò più in basso verso il campo ed il fienile.
Come immaginavo in lontananza sento l'abbaiare giocoso dei nostri cani. Sarebbe più appropriato dire che sono i cani di Gianni. Macchie pelose saltano e sbraitano tutti innamorati del loro vero e unico padrone.Ogni mattina, pur vivendo liberi entro i confini della nostra tenuta, Gianni li porta a correre e giocare, li controlla ad uno ad uno alzando orecchie, piegando zampe, ispezionando dentature e grattando pance. Ogni tanto li rimprovera ma più spesso li coccola e li abbraccia. Il mio compagno. Quante ne abbiamo passate insieme, quanti dubbi su dove andare e cosa fare, e poi alla fine eccoci qui io con le mie montagne e lui con i suoi cani. Ed ogni volta che lo vedo tra i suoi cuccioloni divini ( come dice sempre lui) mi sento investito da un torrente d'amore. All'inizio doveva essere un piccolo allevamento di bulldog francesi, una coppia per fare dei cuccioli, alcuni da tenere e altri da vendere. Ora di bulldog ne abbiamo 7; due labrador, tre husky, una coppia di pastori tedeschi e un san bernardo detto il cavallo. E qualcuno è in dolce attesa. Come capita spesso qui alla collina, siamo tutti in sintonia, come un macro organismo e mentre io lo osservo in lontananza Gianni volta lo sguardo e mi saluta con uno di quei sorrisi che hanno il potere di cancellare anche l'incubo più terrificante.
Continuo la mia passeggiata lasciando sulla mia sinistra il campo aperto e percorro il sentiero per inoltrarmi nel rigoglioso giardino di Viviana e della sua apprendista Margherita. Viviana, amica del cuore, si è specializzata nel tempo nel creare un giardino da Eden e Margherita ha presto sviluppato talento e passione. Chiaro è che qui tutti facciamo un pò di tutto, ma ognuno di noi ha i suoi rituali per iniziare la giornata. Ed eccole, sporche e splendide dietro i girasoli in ginocchio sulla terra umida e scura il cui profumo intenso mi fa sempre ricordare mia madre. Cappello di paglia (identico per entrambe) e pantaloni comodi zappano e strappano, piantano e innaffiano. Si guardano e sorridono mentre Viviana da indicazioni. Margherita segue i consigli ma si vede abile nel maneggiare bulbi e radici. Complici dee mentre creano un nuovo mondo. Osservo per qualche istante la naturalezza con la quale comunicano quasi senza parlare. Una fotografia dell armonia che può esistere tra uomo e natura.
Al centro del giardino Cristian e Daniele, hanno costruito un splendido gazebo in legno. Sul pavimento abbiamo messo tatami e un sacco di cuscini. E' splendido perdersi nella lettura di un buon libro circondato da quei colori e profumi che il costante amore e la cura di Viviana e Margherita ci regalano.
Troppo prese dal loro lavoro non si accorgono di me e così io proseguo il mio cammino. Poco più avanti c'è il fienile che abbiamo trasformato in un paradiso per artisti. Abbiamo diviso l'immenso spazio in un laboratorio d'arte che chiamiamo l'officina ed una falegnameria soprannominata la tana dell'elfo. Qui Cristian ha tutto l'occorrente per trasformare il legno mentre l'officina è il regno di Daniele e da qualche tempo di Maria Sole nel quale si dedicano a scolpire, tagliare, modellare e dipingere. Il fienile è molto grande e abbiamo anche ricavato un bel salone per fare feste e concerti, laboratori e corsi vari. La collina è aperta a tutti. Il rumore di strumenti meccanici ed elettrici mi suggerisce che Daniele è già al lavoro. Mi fermo sul portone semi aperto e sbircio dentro: un grosso blocco di marmo occupa il centro della stanza mentre lui di schiena sta borbottando qualcosa mentre prende delle misure su un foglio. Anche di spalle Daniele ha un aspetto un pò burbero perso nei suoi calcoli mentre si agita perchè qualcosa non lo soddisfa. Io invece sorrido compiaciuto perchè sicuramente creerà qualcosa di bellissimo! Quasi sto per riprendere la mia passeggiata quando noto una figura muoversi nell'angolo opposto intorno al flessibile: eccola Mariasole, selvaggia con i suoi occhialoni da saldatrice, salopette di jeans e guanti troppo larghi mentre si prepara a tagliare un lungo tubo di metallo. Prima di accendere quel marchingeno infernale mi vede, mi fa il "rock and roll" con la mano (pugno chiuso con pollice, indice e mignolo alzati) tira fuori la lingua emulando uno dei Kiss e poi si immerge in un'eruzione di scintille! Nel rumore assordante riesco a farmi sentire da Daniele, che si gira con i suoi capelli color paglia, occhiali da professore e matita all'orecchio. Solo con il movimento delle labbra gli suggerisco" Occhio alla rocker per favore" indicando Maria Sole. Lui contrae i muscoli del viso verso il suo naso adunco nella sua solita espressione " Ma cosa me lo dici a fare? Ovvio, e lasciaci in pace" ma prima di tornare al suo "mestiere" mi fa un sorrisetto.
Continuo la mia passeggiata e proseguo verso la falegnameria immaginando il volto di Maria Sole in estasi tra lame e schizzi incandescenti.
La tana dell'elfo è l'ultima parte del fienile. Trovo Cristian che sta dando forma ad un sottile strato di legno: da qualche giorno è all'opera con la sua prima chitarra. Musica reggae in sottofondo, quello è il suo habitat: certo passiamo tempo anche nella saletta in taverna a fare musica ma qui è come vedere un uccello che vola libero nel cielo o un pesce che guizza tra le acque limpide di un fiume. Se Daniela è la "mami" della famiglia, Cristian è il "babbo". Calmo e serafico, con il suo sguardo profondo che non giudica mai, oltre che essere un grande amico è anche un punto di riferimento silenzioso e stabile. Come un albero. La sua tana è una gioia per gli occhi: ci sono un sacco di antine, cassetti, sedie, sgabelli e casette per le bambole che vendiamo ai mercatini che organizziamo, cucchiai e bacchette magiche. Oggi noto però qualcosa di nuovo: un oggetto ingombrante è ricoperto da un lenzuolo."Dai cugi dai un occhiata ma non dirlo a nessuno" mi tenta Cristian. Senza farmelo dire due volte mi avvicino e alzo l'impolverato telo per scopro una bellissima culla di legno chiaro, con inciso un cuoricino rosso sulla testata. " E'ancora da finire" ci tiene a precisare. "Grande cug" dico entusiasta " sarà felicissima ma ti conviene nasconderla, qui ci sono troppi occhi curiosi". Eh si, Viviana, pur instancabile come sempre ormai è al settimo mese.... Fra poco la nostra famiglia sarà un pò più grande!
Lascio Cristian alla sua opera e giro intorno al fienile per ritornare al pratone dei cani per salutare il mio compagno. E' già sudato e sorridente come un bambino. Dopo avergli dato un abbraccio e offerto l'ultimo sorso del mio caffè, mi aggiorna sullo stato dei cani. Sono d'obbligo carezze, lanciare qualche rametto, e farsi leccare un pò. Posso ora ritornare sui miei passi guardando la nostra casa incorniciata da un cielo magnifico: finalmente so di essere al posto giusto con le persone giuste. La mia famiglia.
Perso in questo sentimento di gratitudine quasi inciampo su Lampo, la nostra pecora velocista che pensa di essere un cane e corre come un'indemoniata. "Ehi teppista!" le grido e lei si ferma un istante solo per guardarmi e dire con la sua espressione di sufficienza "eri tu sulla mia strada " per poi schizzare di nuovo verso il resto del branco.
Ritorno, ora completamente sveglio, al giardino davanti casa, mi siedo vicino a Daniela e incominciamo il nostro rituale:" tutto a posto in giro?" "Certo cug, tutto al suo posto!". "E" aggiungo oggi " fossi in te non andrei in officina perchè tua figlia sta creando". " Non dirmi che ci sta riprovando con la motosega eh?" mi chiede ad un tratto agitata. "No" rispondo " motosega no, però sta usando il flessibile!!!" " C'è lo zio Daniele almeno?" "Certo cug, c'è lo zione non preoccuparti!"
E con una risata ci buttiamo a capofitto nelle trame complesse del nostro racconto.
Così inizia una giornata qualunque, nel mio mondo non perfetto ma da sogno completamente soddisfatto di chi sono e di chi condivide con me tempo e amore.
Che sia di buon auspicio per tutti i cugis!!!!
LA POESIA DEL MALUMORE (ed è ancora Lunedi)
mercoledì 26 aprile 2017
FUOCO E FIAMME, FUOCO E FIAMME
Malattia seria, da stare a letto tutto il giorno, non mi capitava da anni.Oggi è il primo giorno nel quale l'ipotesi di una completa guarigione non sembra più una chimera irraggiungibile.
Io, fortunatamente, non mi ammalo quasi mai. Mi piglio qualche raffreddore, ci sono dei periodi dove ho una bassissima energia ma quasi mai cado a terra e ci rimango. E se mi viene la febbre vuol dire che il mio corpo ha bisogno di tanto riposo, fisico e mentale.
E così ho passato queste giornate tra deliri e imprecazioni, vivendo un tempo che si dilata e contorce al ritmo dei dolori ossei e sbalzi di temperatura corporea.
Quando sto male faccio strani e contorti sogni, i dormiveglia si trasformano in viaggi extra corporei in universi contorti e a tratti grotteschi.
Tutto si confonde, si ripete o si fissa in istanti fastidiosi che sembrano durare secoli. Raggiungo l'apice della malattia quando mi convinco che non guarirò mai più. Che rimarrò sempre in un stato di continuo torpore, tra letto e divano senza energie neanche per scaldare l'acqua per il riso in bianco.
Ma poi, ovviamente, si sente il richiamo alla vita, quel magico processo di guarigione che rimette le cose a posto. Dal ramo secco rinasce un fiore.
Di solito non mi piace prendere farmaci, ma da buon uomo cacasotto, quando il dolore è troppo o se lo sto sopportando da troppo tempo, allora cedo al chimico. Completamente.
In questi giorni ho preso: Oki per il mal di gola e mal di testa strazianti; antibiotico per le placche, tachipirina per la febbre, uno sciroppo con troppi ingredienti che finiscono in -INA per la tosse e pastiglioni per sintomi influenzali.
E capisco tutti i dipendenti da farmaci. In particolare l'OKI è una sorta di polverina magica. Dopo due notti insonni per mal di gola e tosse mi è bastato prendere una bustina e in 10 minuti dormivo come un angelo. Tutto sparisce e tu non devi fare niente per meritartelo..... Fantastico e terribile allo stesso tempo.
Ma le mie elucubrazioni febbricitanti non sono rivolte all'annosa questione omeopatia-allopatia. Dirò solo che in una società che vuole tutto e subito non ci si può prendere il tempo necessario ad una vera guarigione in armonia con il proprio corpo.
Al lavoro c'è gente che si presenta con 40 di febbre e le croste nel naso per dimostrare il loro attaccamento, dimostrando solo poco rispetto per sè stessi e mettendo in cattiva luce quelli come me che, se stanno male, davvero, se ne stanno a casa.
L'omeopatia richiede tempo, dedizione e grande amore. Ma soprattutto tempo. Che non ci è concesso. Stare male non è un diritto ma un lusso.
Comunque, questi giorni mi sono serviti per capire qualcosa sulla mia situazione attuale ed in generale ho capito che non posso non essere chi sono. Mi spiego meglio.
In questi mesi si sono presentate, soprattutto sul lavoro, situazioni per me fonte di grande stress.
Cercando di essere un me migliore, ho tentato di sviluppare un lato accogliente nei confronti di ciò che non tollero o comunque non mi piace e non condivido. Ho tentato di adottare la tecnica del "CHE CAZZO ME NE FREGA" nei confronti di persone e situazioni che cozzavano con il mio modo di pensare e gestire le relazioni.
Bene, il risultato è stato uno spegnimento della mia fiamma interiore. Il far finta di niente o sorridere quando dentro sentivo un'eruzione vulcanica pronta ad esplodere e invadere di lava tutto ciò che mi circonda, credo mi abbia fatto ammalare.
Se una persona mi sta sul cazzo non posso far finta che non sia così. Posso chiedermi perchè proprio lei, posso indagare personalmente su ciò che mi riflette, ma comunque mi sta sui coglioni e sto "bene" solo se questa persona lo sa. A prescindere dalle conseguenze. Mi sento falso e ipocrita sorridendo a qualcuno che riempirei di schiaffi.
Se ci sono atteggiamenti del mio compagno che mi fanno imbestialire, ho bisogno di farglielo sapere, con i miei toni burberi e poco accoglienti forse ma devo far uscire quest'energia altrimenti mi sento morire. E rispettando questa mia "esigenza" miglioro anche la relazione.
Io sono così: nervoso e a tratti intransigente, diretto e schietto. Odio i leccaculo, i falsi, quelli sorridono e pugnalano allo stesso tempo. Mi piace la chiarezza nelle relazioni di qualsiasi tipo. Anche se ciò comporta una non relazione. Per me essere sani vuol dire rispettarsi completamente.
Era da un pò di tempo che mi sentivo spento, smorto, senza stimoli di nessun tipo. E continuavo a chiedermi perchè.
Il motivo è che cercavo in tanti ambiti della mia quotidianità (primo fra tutti il cazzo di lavoro) di fare buon viso a cattivo gioco. Bhè fanculo il buon viso, e fanculo il cattivo gioco.
Se una cosa non mi piace io DEVO GRIDARLO AL MONDO INTERO. E non è una questione di orgoglio come pensavo, ma una questione di rispetto di sè stessi. E di giustizia. Io posso cedere a compromessi solo se in rispetto di chi sono.
Probabilmente non riesco a spiegarmi troppo bene, ma ho bisogno di fissare questo sentire per voltare pagina.
Il porgi l'altra guancia non fa per me. Se mi tiri uno schiaffo e te lo rido. Poi magari possiamo sederci e discutere sul perchè ci siamo pestati.
E proprio pensando a questa peculiarità del mio carattere che non voglio più opprimere ma abbracciare, ricordo che alcune delle più grandi amicizie sono nate proprio da questo attrito focoso. Ognuno ha il dovere di riconoscere e rispettare il proprio temperamento. Cercare di guidarlo e arginarlo a volte ma mai di cambiarlo umiliandolo.
Se uno è fuoco non può far finta di essere acqua.
E io sono fuoco, che mi permette di bruciare di passione ed indignazione. Fuoco che alimenta le mie emozioni e la mia creatività. Fuoco rabbioso che a volte brucia senza ritegno e a volte scalda con amore.
E voglio bruciare fino al mio ultimo giorno.
martedì 18 aprile 2017
IL LABIRINTO DELL'INCAPACE
giovedì 30 marzo 2017
VIBRAZIONI COSMICHE. Mandala meditativo: riscoprire la luce.
martedì 28 marzo 2017
ALLA SCOPERTA DELLA MAGIA. MANDALA MEDITATIVO.
martedì 21 febbraio 2017
STAGIONE DI CACCIA
domenica 19 febbraio 2017
LE ASTRAZIONI PERICOLOSE
Mi rendo conto che tutto quello che faccio è propedeutico ad una maggiore conoscenza di me stesso. Sono sempre più affascinato dall'universo interiore dell'uomo, di me in particolare ma anche degli altri. Direi che è più semplice conoscersi attraverso gli altri. Come tante volte ho già scritto ci sentiamo tanto individui ma in realtà sviluppiamo a grandi linee gli stessi meccanismi di difesa e cerchiamo tutti una sempre più inconsistente felicità in quanto astrazione di qualcosa che non si conosce.
Ho letto ieri una frase di Carl Jung (per caso mentre facevo una ricerca sul mandala) che ha sistemato verbalmente qualcosa che già sentivo dentro me. A grandi linee diceva che più un uomo è civilizzato nel senso di strutturato (sia nella società che nell'individualità) più si allontana dall'istinto, dal vero e dal semplice. Se da un lato la civilizzazione ha portato materialmente del benessere, dal punto di vista dello spirito, a mio avviso e da quanto ho voluto cogliere da ciò che ho letto, abbiamo perso il focus, spostandoci dall'essenza vera ad una serie di astrazioni che non portano a nulla se non all'indecisione, all'uniformità con regole e leggi create ad hoc per controllare e dirigere. Da qui la grande crisi spirituale dei nostri tempi, il vuoto che tanti di noi sentono e non sanno spiegare. La ricerca di soluzioni all'esterno perchè l'interno è troppo stratificato per raggiungere il centro. Prima (non so definire con esattezza storica un prima) forse si moriva per una polmonite ma tutto era più permeato di umanità, il contatto era più diretto, la connessione più semplice. Ora ci preoccupiamo solo della connessione internet.
Sono in un momento di forte presenza. E' altresì presente un'esigenza ad allontanarmi da me stesso, una forza che vuole che io sia cieco e sordo al richiamo del mio mondo interiore ma so che è solo una richiesta del tempo in cui vivo, una voce esterna. Oggi sono affascinato dall'interno. L'interiorità che permette di riscoprire quella connessione con gli altri e con l'universo. E senza astrarre troppo, cerco di sgomitare tra le coperture e le strutture esterne delle quali scopro essere ricoperto, scoprendo in una parola un tesoro: semplicità.
Semplice è sentire se siamo in ascolto, semplice è vedere se abbiamo gli occhi aperti ed uno sguardo curioso. Semplice è incontrare se siamo pronti a ricevere e chiedere. Non vorrei si confondesse il mio concetto di semplicità con aggettivi qualificativi come bello e brutto. Può essere, anzi molto spesso è così che ciò che senta, incontri o veda non mi piaccia ma ora, l'interesse è volto al vero.
Ieri ho imparato che per poter sapere dove voler andare bisogna esattamente sapere dove si è e non dove si vorrebbe essere. Direi che è un concetto semplicissimo eppure non l'avevo mai intuito. Certo la ragione era al corrente che se c'è un arrivo ci deve necessariamente essere una partenza ma il mio cuore (inteso come centro dei sentimenti e motore spirituale) no. Realtà invece che astrazione. Lo scarto necessario è accettare dove siamo anche se non ci piace e da li progettare i nostri movimenti. Come faccio a raggiungere un qualsiasi obiettivo se non so dove sono ora, adesso?
Adesso mi sento in una posizione privilegiata, perchè ho i sensi all'erta. Non so dove voglio andare, non ancora, ma da buon esploratore sto perlustrando con accuratezza dove sono. Non ho fretta, ma sono deciso, mentre spolvero una pietra che nasconde una vecchia anfora.
Conoscendo il mio presente posso provare a rielaborare il passato e investire nel futuro. Fino ad ora mi rendo conto che io ero sempre da qualche altra parte.
Ho capito ad esempio dal qui e dall'ora che il mio non sentirmi mai in diritto di nulla, la mia bassissima autostima, la mia predipsosizione al fallimento proviene da un eredità genetica, dal passato. E sapendo che è un lascito, un passaggio di testimone, posso anche scegliere di lasciarlo in un angolo e non portarlo con me nel futuro. C'è e ci sarà sempre quella voce che mi dice "non vali nulla" e probabilmente incontrerò persone che specchiano questa mia modalità, ma sapere che è una valigia che prima era di qualcun altro mi permette di non aprirla e di non portarla con me.
Mi piace scrivere, mi alimenta, mi fa sentire completo. Come cantare. Il blog fino ad'ora è stato il mio terapeuta, il mio scrigno del tesoro dove depositare le mie intuizioni, le mie verità, ma mi rendo conto che, per quanto riguarda l'esercizio della scrittura è anche il mio rischio assicurato. Continuerò a coltivare quest'orto perchè la verdura che raccolgo la trovo molto saporita e nutriente, ma sento che è arrivato il momento di sentirmi in diritto di scrivere per creare e non solo per riflettere. Può anche darsi che io non sia uno scrittore, ma ciò non toglie che mi possa divertire a farlo comunque. Non mi sento in diritto di farlo, ma ho capito che questo è un mio limite. Di fatto non mi sento in diritto di niente: di cantare, di scrivere, di avere un bell aspetto, di essere comprensivo, amorevole etc. E per quanto i miei geni gridino all'unisono NON SEI CAPACE io SO, ADESSO, che ho il diritto di farlo comunque e che molto probabilmente si sono capace di fare un sacco di cose e di farle bene. Ecco , l'ho scritto, e mentre lo facevo prendevo un profondo respiro. E' una mia verità. Il corpo non mente, la mente si.
La creazione di qualcosa di nuovo è assai complesso, è una sfida. Come lo scalatore che inizia l'allenamento in una palestra per poi affrontare la prima vera parete di roccia, ora mi sento pronto (e intimorito) per poter iniziare a raccontare qualcosa che sia al di fuori di me (almeno in parte). Posso scrivere e lo farò. E se scriverò banali racconti saranno comunque i miei racconti e l'arte prenderà un giorno il posto dell'esercizio. Per il momento scrivo perchè scrivere è parte di ciò che sono. E ne ho il diritto.
Buona lettura a tutti.